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India. Il mercato moto 2019 più grande del mondo Un viaggio attraverso il subcontinente indiano della moto con particolare attenzione alle aziende italiane che ci lavorano

Comincia con questo “viaggio” nel mercato indiano della motocicletta la collaborazione con Federico Piazza ed il Professor Cavicchiolo, esperti di mercati presenti nel subcontinente da decenni

India. Royal Enfield, il più antico marchio di motociclette al mondo in attività, sta valutando di lanciare una moto elettrica nel mercato indiano. Seguirebbe la scelta dell’altra storica casa motociclistica, l’americana Harley Davidson, il cui debutto mondiale nel 2018 con un modello totalmente elettrico non ha però avuto successo.

La Royal Enfield Photon, look classico e motore elettrico

Royal Enfield è il marchio di origine britannica, nato nel 1901, che è diventato indiano da parecchi anni con produzione a Chennai. Recentemente l’amministratore delegato Vinod Dasari ha confermato che la casa ha già preparato alcuni prototipi elettrici e sta lavorando sui progetti di produzione di serie: “La questione non è se bensì quando ci saranno delle moto elettriche Royal Enfield”.

Vinod Dasari, Royal Enfield

L’India è il più grande mercato delle due ruote al mondo, con una media di oltre 20 milioni di veicoli nuovi venduti ogni anno e 24 milioni prodotti (dati 2019). E secondo molti osservatori nei prossimi anni ci dovrebbe essere un boom dell’elettrico. Fortemente incentivato dal governo e dalle amministrazioni locali di varie città. Prima fra tutte l’inquinatissima capitale Delhi, le cui autorità hanno recentemente annunciato l’ambizioso obiettivo di diventare nei prossimi cinque anni anche la capitale della mobilità elettrica.
Più in generale, il National Electric Mobility Plan 2020 del governo federale è estremamente ambizioso. Tra le misure previste per incentivare il settore riducendo i prezzi di acquisto, c’è anche la possibilità di vendere veicoli elettrici nuovi senza batterie, che gli acquirenti possono poi acquistare a prezzi più convenienti. Siccome su un veicolo la batteria può incidere fino al 40% sul prezzo di vendita, la mossa dovrebbe in teoria stimolare la concorrenza nel cosiddetto after-market della componentistica, con prezzi di batterie più abbordabili per i consumatori.

Se e quanto funzionerà è ovviamente da vedersi. Gli obiettivi dei vari piani pubblici governativi e locali sono probabilmente troppo ambiziosi. Più realisticamente, secondo un rapporto recentemente pubblicato dalla società di consulenza AT. Kearney Manish Mathur, ci sarà una crescita tra i consumatori urbani ma molto dipenderà dalla capacità dell’India di dotarsi di infrastrutture per rendere più conveniente il costo di mantenimento dei veicoli elettrici. Perché ci sono per esempio limitazioni rilevanti nella possibilità di ricarica domestica dei veicoli elettrici, visto che moltissime famiglie indiane non dispongono di un garage.

Ad oggi non si può comunque dire che l’India sia il paese della mobilità elettrica. Nell’anno fiscale 2019-2020 in tutto il paese sono stati venduti 152.000 veicoli a due ruote elettrici, di cui 97% scooter, su un totale di oltre 21 milioni di vendite. Cioè meno dell’1%. In particolare piacciono i modelli elettrici degli scooter che non superano i 25 km/h e non necessitano di registrazione. Di auto elettriche invece nell’ultimo anno fiscale in India ne sono state vendute solo 3400. E di bus elettrici, non più di 600, quindi ben al di sotto degli obiettivi di mobilità urbana eco-sostenibile annunciati e teoricamente perseguiti da molte città indiane.
Meglio fanno i veicoli a tre ruote, compresi i risciò, o tuk tuk, come vengono chiamati in Asia, molto utilizzati sia dai privati sia come mezzi pubblici.

Per questo segmento di mercato non ci sono ancora dati confermati relativi all’ultimo anno fiscale, ma il trend è che le vendite di tre-ruote elettriche abbiano superato quelle delle motorizzazioni tradizionali. In questo mercato opera la Piaggio, che proprio a dicembre 2019 ha lanciato in India il modello E-City di Ape elettrica, dotato di batterie intercambiabili che possono essere sostituite rapidamente nelle stazioni di servizio per evitare così di tenere il veicolo fermo durante la ricarica.

Una mossa importante per Piaggio, che ha in India il suo principale mercato, e produce vari modelli nello stabilimento di Pune in Maharahshtra, cuore dell’industria automobilistica indiana. Distretto dove a Chakan opera anche un altro marchio italiano della filiera automobilistica, la Brembo. Che ovviamente guarda con favore a tutti gli sviluppi dell’ampio mercato motociclistico del subcontinente, in cui è infatti presente dal 2006, con sedi anche a Delhi e a Chennai. Positività viene espressa dal Country Manager di Brembo India Luca Bottazzi, nonostante le incertezze attuali del Coronavirus e la flessione del mercato nel 2019 dopo molti anni di crescita vertiginosa. “L’introduzione dell’obbligatorietà dell’assicurazione e dei sistemi frenanti ABS sulle motociclette, unitamente a un regime Iva molto elevato e a una stretta creditizia su finanziamento agli acquisti, hanno portato a un rincaro dei prezzi, e quindi a minori vendite” commenta Bottazzi. “Ma sono convinto che in India i motocicli rimarranno un mezzo di trasporto prioritario, con ampio margine di crescita, anche se magari non più a doppia cifra”.

Luca Bottazzi, Country Manager di Brembo India

Da 60 anni l’Italia conta molto in questo settore in India. Pioniere è stata appunto Piaggio, che avviò la produzione in collaborazione con il gruppo Bajaj già nel 1960. Dagli anni ottanta fino al 1999 Piaggio poi rafforzò la sua presenza in partnership con LML, sviluppando know-how e esperienza insostituibili. Risultati? Grazie ai know-how di Piaggio, Bajaj ormai indipendente è diventato uno dei primi costruttori mondiali di due e tre ruote. E Piaggio è considerata un modello culturale e un riferimento operativo come best practice per l’India. Un mercato che, con un fatturato di 260 milioni di euro nel 2018, aveva fatto la differenza per il gruppo di Pontedera.
Certamente anche per Piaggio la crisi pandemica di fatturato nel 2020 è epocale. Si salvano in parte appunto i veicoli a tre ruote, dove Piaggio sta proprio puntando anche sull’elettrico.
La community industriale italiana della filiera della moto in India non si limita a Piaggio e a Brembo, ma include anche Dell’Orto, Ducati Energia, e Gaser. L’amministratore delegato di Gaser, Gianni Franzosi ha infatti recentemente annunciato la prossima apertura nel 2020 dello stabilimento di Chakan. L’arrivo di Gaser può diventare una rivoluzione, dato che introdurrà la qualità dei trattamenti metallici nei componenti automotive, in una nazione che ne ignora principi e metodi.

Gianni Franzosi, Amministratore Delegato di Gaser

Per quanto riguarda il potenziale effettivo di mercato della mobilità elettrica a due ruote, dubbi comunque ce ne sono. Sia globalmente sia nei singoli mercati locali. Secondo Massimo Bacchetti il grande mercato della mobilità elettrica si svilupperà in India simultaneamente all’Europa, ma non prima del 2023. La dimensione delle batterie è ancora sfavorevole. A tal proposito Bacchetti fa un paragone con i telefonini di 20 anni fa che pesavano molto: bisogna aspettare un prodotto più ergonomico.
Il segnale in India lo dovrà dare soprattutto la Hero-Honda. Il salto tecnologico verrà infatti dall’Oriente, dove i produttori trainanti sono Honda e Yamaha (quest’ultima sfrutterà le tecnologie Toyota), e dove i grandi costruttori di batterie più avanzate saranno inevitabilmente i cinesi. Questo potrebbe avere conseguenze economiche e politiche, dato l’attuale embargo sine die dell’India per qualsiasi prodotto cinese.

Insomma, luci e ombre. La scommessa di Piaggio, Royal Enfield e di tanti altri produttori internazionali per il futuro elettrico nel grande mercato indiano, e più in generale nel mercato globale, è tutta da giocare.

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