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TU CHIAMALA SE VUOI ZAVORRINA MA… Zairo Ferrante ci racconta in breve la storia del termine Zavorrina; tra donne in motocicletta e inutile machismo démodé.

Zavorrina. Il termina zavorra possiede un duplice significato, originariamente coniato per la nautica si riferiva a un “Insieme di pesi mobili (solidi o liquidi) che si imbarcano, stabilmente o temporaneamente, sulle navi per assicurarne o migliorarne, in determinate circostanze, la stabilità e l’assetto” (Fonte Treccani).

Successivamente, allo stesso termine venne anche attribuito un significato figurato dispregiativo, passando ad indicare “cosa o persona che costituisce un peso inutile, senza valore, ingombrante o fastidioso […]”(Fonte Treccani).

D’altronde, la parola zavorra viene da sempre utilizza anche come sinonimo di penalità o handicap in numerose gare sportive ed è proprio da questo significato che trae origine il nomignolo Zavorrina.

Un vezzeggiativo che tenta di alleggerire e abbellire un vocabolo che, in realtà, racchiude un significato quantomeno offensivo.

Cercando in rete pare che l’origine dell’espressione Zavorrina sia stata coniata durante il fascismo, quando notoriamente si cercava – in modo stupido – di enfatizzare la figura del maschio a scapito di quella femminile.

Insomma, da questa breve ricerca sono riuscito ad estrapolare almeno tre buoni motivi per non chiamare “Zavorrina” la mia Compagna di Viaggio:

  • Il Primo: per me, la mia copilota, non rappresenta un peso inutile ma, al contrario, un piacere sconfinato; poter condividere una passione con una Compagna di viaggio è qualcosa di estremamente arricchente, in grado trasformare un semplice viaggio in un’esperienza irripetibile, con i suoi pro- e i suoi contro (perché esistono pure i contro, come ad esempio il phon che, per ovvie ragioni, a me non serve!!!).
  • Il secondo: ho sempre considerato inutile qualsiasi forma di machismo, figuriamoci questa!
  • Il terzo: vivo col terrore di ricevere un ceffone sul casco mentre guido la mia moto!

E se tutto questo non ti basta, allora, ti invito a scoprire la fantastica storia Annie Ninchi, una donna che da annunciatrice radiofonica, nel 1958, passò a fare la copilota, accompagnando il suo futuro marito, il Conte Franco Cacciaguerra, in un pazzesco viaggio in lambretta da Pesaro a Nuova Delhi.

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Vittorina Massano, in una gara di velocità.

O in alternativa, ti suggerisco alcuni nomi di Donne che, in motocicletta, tutto sono state fuorché zavorre (-ine), come ad esempio Vittorina Massano (pilota in gare di velocità e di enduro), Muriel Hind (di nazionalità inglese, ha iniziato a correre a 21 anni, partecipando alla “Sei Giorni Scozzese” nel 1910) o la ferrarese Vittorina Sambri.

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Muriel Hind in una scampagnata in motocicletta.

 

In conclusione, tu chiamala se vuoi zavorrina ma… prima di prendere una decisione ti consiglio di leggere quest’intervista di Benedetta Marazzi a Carlo Perelli su “Women on bike.com”. (articolo dal quale sono state tratte anche alcune foto di questo mio contributo).

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