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LA VAL TREBBIA E IL CHIODO FISSO Ritorna Marco Gambardella, il poeta della moto ci porta in Val Trebbia alla scoperta di un piccolo mondo antico, fatto di sapori e scorci straordinari

val trebbia

Val Trebbia. Di chiodi… ce n’è di vari tipi. Per esempio c’è quello al quale – in maniera figurata, appendi le cose che, per così dire, non usi più; e quello che – si spera sempre in maniera figurata, ti si pianta in testa e non ti molla finché non fai quella cosa lì…

Val Trebbia

Con grande rammarico, causa la neve sempre più scarseggiante dei recenti inverni, al chiodo, di fatto, ultimamente ho appeso gli sci. Nello stesso periodo, in testa, mi si è invece conficcato un nome: la Val Trebbia!

A dicembre scorso, il nostro carissimo Direttore, condividendo il suo scritto, ci ha stimolato a prendere la moto per recarci nei posti più belli in Italia. Credo che tutti si concordi nel dire che è assai difficile stabilire quali essi siano, anzi: l’argomento è quasi improponibile data la vastissima varietà di angoli meravigliosi di cui dispone il nostro Stivale, nominato (una volta tanto, a giusto titolo) “Il Bel Paese”!

Val Trebbia
L’autore, Marco Gambardella, il Poeta della moto

Sta di fatto che, tra inverni miti e abbigliamento protettivo di ogni sorta, ci sono veramente sempre meno ragioni per restarsene spaparanzati sul divano col telecomando in mano… e sempre più crescenti sono i rimorsi per chi stacca l’assicurazione della moto tra ottobre ed aprile!

Ecco! La Val Trebbia è una di quelle mete incantevoli, che si prestano ad essere gustate e vissute in tutte le stagioni, godendosela magari dapprima appieno quando il clima è caldo e stabile, per poi tornarci e immergervisi con un’esperienza vitale e sensoriale, gustandosela con calma, magari anche solo a piccoli bocconi, grazie a quel pallido ma sempre lucente sole che ne riscalda in inverno le dolci coste, tornate in questa stagione quasi alla loro primordiale bellezza naturale, senza la confusione schiamazzante e roboante delle orde di turisti motorizzati a due o quattro ruote, talvolta follemente pistaioli…

Val Trebbia

La Val Trebbia, del resto, offre entrambi i panorami: dal fondovalle dove scorre sinuosa, e a tratti pur sempre frenetica, la SS45 che da Piacenza risale sino a Genova… alle ampie fasce laterali delicatamente adagiate sui rotondi declivi degli Appennini dove, quasi incontrastate, ancora regnano la calma e la pace; oppure con quel Passo del Monte Penice, meta famosa ed ambita che da Bobbio in particolare, attira chiunque a tutto gas… alle strade laterali, appunto, più isolate e sconnesse, dove tutto quel gas non serve, perché piuttosto ti fermeresti ad ogni curva, spegnendo il motore per non disturbare, e assaporare la quiete ed il silenzio che tanto mancano ai nostri giorni e al nostro vivere.

Eccola, la Val Trebbia: un incanto di valle, scavata nelle ere e nei millenni da ‘sto povero omonimo fiume Trebbia che, pur nascendo a poca distanza dal mare (ma sull’opposto versante dei monti che coronano il Capoluogo ligure!), si è visto costretto a correre e a far scorrere le sue limpide acque per un centinaio di km sino a Piacenza, e da lì congiungersi alle già fangose acque del Grande Fiume, e riprendere un lento, lungo correre, impantanandosi e mescolandosi ulteriormente e inesorabilmente a chissà quanti prodotti chimici o acque di spurgo della nostra tanto amata civiltà, sino alla foce del Po, dove un po’ di qua un po’ di là, cioè da uno o dall’altro dei tanti rami del suo vasto Delta, riuscirà finalmente a diventare… “mare” nel Mare Adriatico.

Che lavoro, la Natura! E che CAPOLAVORO ci ha riservato e offerto con tutto questo!! Ed è tutto lì, racchiuso in quel centinaio di km che – qui in Val Trebbia come altrove, si diceva – chiedono solo di essere percepiti dai nostri sensi, per suscitare in noi quell’ennesima ed eterna gratitudine, pienezza e senso ultimo del nostro vivere!

Un chiodo, dunque, la Val Trebbia! Un chiodo fisso, che se ti entra da subito al primo colpo, poi sprofonda però sempre più a suon di battute! In questo caso, a suon di passaggi… e passaggi… e passaggi, che diventano sempre più… massaggi dell’anima!

Conobbi la Val Trebbia nel febbraio 2019 dopo averne sentito parlare forse una sola volta: dovevo imbarcarmi con degli amici a Genova per andare in Spagna con la mia Honda NC750X (leggi: “Dieci giorni in Andalusia”), e percorsi tutta la Statale a fondo valle. Bella ma…

Affascinato, vi tornai, dopo un’intensa attesa, il primo maggio con la Yamaha Super Ténéré! Incanto degli incanti, presi quella volta una variante ancor più… incantevole: all’altezza di Casino Agnelli infatti, dopo aver degustato un altro squisito pasto presso la Trattoria Ristorante “Da Valentina” (non ne usciresti mai, tant’è l’affetto e la cordialità con cui ti accolgono!), incuriosito dal lungo ponte, svoltai per Travo e a intuito, continuai a percorrere la strada che si inerpica da quella parte, scoprendo posti immensamente meravigliosi, come l’antico borgo di Monticello con la sua chiesa diroccata, la Pietra Perduca e la chiesetta millenaria con la vasca scavata nella roccia dove ancora oggi vivono alcuni tritoni, la Pietra Parcellara che si erge impressionando tutti sin dal fondo valle per il suo colore tanto scuro… il tutto su quella strada così secondaria che pochi (fortunamente!) conoscono, volteggiando liberamente in mezzo a prati fioriti e boschi rinati a primavera!

Val Trebbia

Quest’ultimo febbraio, con una voglia viscerale che bolliva in pancia da troppo tempo, finalmente ci sono tornato, stavolta in sella alla Yamaha Ténéré 700: ero certo che, dopo le nuvole e le nebbie della Pianura, avrei trovato il sole. E così è stato! E mi son tolto lo sfizio di imboccare la Val Trebbia ancor prima, sulla sponda a me tanto cara. Dalla Rocca di Rivalta – che merita una visita apposita – a Travo, scopro che il tracciato è meravigliosamente dolcemente curvilineo; da Travo, via Bobbiano sino al Passo Caldarola è quel percorso già conosciuto, ma che percorrerei tutti i giorni, prima e dopo i pasti! Dal Passo, stavolta ho avuto il coraggio di affrontare l’ignoto, scendendo a destra, sfidando nuvoloni cupi e minacciosi, e – ancor più inaudito per me, tanto più che ero in solitaria – affrontando persino tratti sterrati verso Sevizzano e Pecorara che mai mi sarei sognato di fare in vita mia! Invece, che dire: forse che il fascino ti incanta?? Ce l’ho fatta!! E così ho potuto risalire al Passo di Monte Penice passando da Brevi, Caprile, e da quell’angolo di Paradiso (come si autodefinisce, ma è vero!) che è Cadelmonte

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Insomma, ci sarà pure una ragione se anche San Colombano dall’Irlanda è venuto proprio qua a diffondere il Vangelo. Anche senza moto, forse il chiodo fisso della Val Trebbia come posto che assomiglia e anticipa il Paradiso, gli si era conficcato in testa pure a lui, Sant’Uomo!

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