Quando due anni fa vidi il Ténéré 700 in fotografia pensai che sarebbe stata una bella moto da guidare: un serbatoio accattivante e un 21/18 che la rendevano un buon compromesso per i viaggi che volevo iniziare a vivere, a partire dalla Norvegia…
Sembrava una bellissima moto, anche se totalmente diversa dalla Harley 883 a cui sono abituata e con cui ho affrontato tutte le mie avventure: l’Islanda durante il mio primo viaggio nel 2014 e tantissime altre mete, per un totale di 70.000km.
Purtroppo, abbandonai l’idea di salirci in sella nel momento in cui la vidi dal vivo. Sapevo già che era progettata per essere una dual più improntata verso un fuoristrada, ma fu uno schiaffo constatare che con una ragazza alta 1.65 non poteva formare una coppia vincente.
Voler essere una motoviaggiatrice vuol dire sicurezza in luoghi lontani da casa e potersi ritrovare da sola a risolvere insidie che non sempre sono prevedibili o calcolabili a tavolino. Da qui derivò la mia presa di coscienza che toccare bene è indispensabile e abbandonai il pensiero di questo tipo di motocicletta.
L’obbiettivo di viaggio di quest’anno era la Norvegia e, chiamatelo Karma, fato o destino, grazie a Niccolò Pietribiasi e alla concessionaria Yamaha Valentini Motò di Prato mi si propose la possibilità di affrontarla in sella ad una Ténéré 700.
Il mio primo pensiero fu di declinare la gentile offerta, ma se i viaggi in moto mi hanno insegnato qualcosa è che con la tenacia ogni desiderio, se ardente, può realizzarsi.
E così la provai per la prima volta: motore elastico e, nonostante il baricentro alto, la corretta geometria del telaio mi ha permesso una guida fluida e una facile presa della traiettoria ideale, rendendomi intuitiva la presa della corda in curva.
Ma non tardò ad arrivare il momento più temuto: le manovre da ferma. L’insicurezza da ferma a causa dell’altezza della moto mi mise subito a disagio. Pensate ad una donna di 50kg senza un appoggio saldo a terra da seduta e di dover spostare sempre a mano una Ténéré 700 da 200kg; magari dopo già una settimana di viaggio e qualche migliaio di chilometri alle spalle. Volente o meno la stanchezza inizia a farsi sentire. A questo, unite le caratteristiche che rendono famosa la Norvegia: freddo, magari pioggia incessante tutto il giorno e vento forte. Con queste condizioni anche le manovre più semplici possono diventare le più complesse.
Con questi pensieri si erano riproposti tutti i dubbi su questa moto, con l’aggravante che questa volta anche amici e famigliari, conoscendo le mie caratteristiche fisiche, mi consigliarono di cambiare moto.
Ma i pensieri, se forti, possono diventare realtà. Per questo ringrazio il team rally Yamaha e Andreani Group che in qualche giorno di lavoro riuscirono a garantirmi una buona sicurezza di appoggio senza pesare troppo sulla ciclistica. Un ottimo bilanciamento di sospensioni e forcelle che mi fece capire, in pochi km, che non avrei avuto problemi nell’affrontare la Norvegia. Certo, esteticamente la povera Ténéré 700 sembrava un chopper, ma la funzionalità per il mio fisico era decisamente migliorata.
Per intraprendere un viaggio di 7500 km bisogna capire e conoscere le caratteristiche della moto, del terreno e le proprie.
Qualche consiglio?
La prima operazione da fare alla moto è il cambio degli pneumatici. Questi devono essere nuovi e stradali. In Norvegia l’asfalto ha un ottimo grip, ma è pessimo per il consumo delle gomme. L’utilizzo delle gomme Pirelli Scorpion Rally STR hanno fatto sì che finissi il viaggio con ancora un buon margine di battistrada. Gomme troppo morbide, piu’ da “off”, non sarebbero arrivate a fine tour.
La seconda cosa fondamentale è portare con sé l’equipaggiamento adatto. In Norvegia si può passare dai 5 ai 20 gradi e vento e pioggia sono all’ordine del giorno. Da buona freddolosa, come tante donne, è obbligo avere un abbigliamento tecnico adeguato in goretex o un completo laminato. Per me il freddo a volte diventa quasi invalidante, per cui ho optato anche per giubbino e manopole riscaldate.
Di ricambi per la pioggia almeno due! Sia guanti che tuta. Tanti mi daranno della pazza per lo spreco di spazio nelle borse, ma bisogna sempre pensare ai momenti di difficoltà che si possono presentare. Ad esempio se si cade e si rompe la tuta da pioggia (in maniera non riparabile con del semplice nastro isolante) meglio un giorno intero a 6 gradi sotto le secchiate d’acqua con la possibilità di restare asciutta o meglio un jeans in più in valigia? Per superare il problema del jeans in meno basta un sapone di marsiglia poco ingombrante, ma la possibilità di avere piena sicurezza in strada è sempre la priorità.
Il 6 Agosto sono partita in aereo e sono atterrata ad Oslo, dove grazie al servizio di trasporto moto di Go bikers e il loro tour il viaggio poteva iniziare. Da quel momento non c’era più lo studio teorico, ma il guardare con i propri occhi, le proprie sensazioni e riflettere oltre che usare l’istinto. Era arrivato il momento che fino ad allora avevo solo sognato: un Ténéré 700 in viaggio, un insieme di curiosità, adrenalina, paura, voglia di riscatto e di acquisire la consapevolezza del mezzo sia in prestazioni che limiti.
Il primo giorno ci siamo diretti verso Ostersund ed il sole ha dato inizio al viaggio. Queste condizioni meteo hanno fatto sì che potessi prendere confidenza con il mezzo. Un modello con una ciclistica facile rende il primo approccio intuitivo e semplice, frizione morbida ed un motore grintoso. Ho fatto dei test accelerando anche inutilmente scoprendo un arco di funzionamento insospettabilmente ampio, soprattutto per me che sono abituata ad motore Harley che da “tutto e subito”. Ovviamente data la piccola cubatura la grinta va cercata nella parte alta del contagiri, ma c’è davvero tutto per la guida rilassata come per un rapido soprasso. Un motore a corsa corta (che ama quindi girare in alto ma anche per via della rapportatura molto corta regge bene anche i bassi regimi) che rendeva tutto più divertente ed a mio avviso controllabile. Con questo gioco capii che, diversamente dalle moto a cui sono abituata, il Ténéré dà il meglio di sé dai 6500 giri in su. Cosa che prima di questo piccolo test, confusi il fatto che non vibrasse e che fosse regolare con il regime ideale.
Al primo rifornimento la sorpresa! Scoprii di aver fatto 30 km con un litro. Questo dato si è poi confermato durante il resto del viaggio, durante il quale la media è sempre stata tra i 25 e i 30 km con un litro.
Considero il basso consumo un valore aggiunto per una moto concepita per viaggi di lunga percorrenza.
Il secondo giorno con una bellissima giornata di 480 km di pioggia ebbi modo di studiare la Ténéré sul bagnato fino ad Arvidsjaur. In questa giornata una strada chiusa ci ha obbligato ad utilizzare un tratto di strada di terra battuta. Nel vedere in lontananza il cambio del manto stradale mi preparai tenendo con sicurezza le manopole e mi posizionai meglio in sella. Detto ciò, mi misi a sorridere nel momento in cui mi resi conto che non avevo trovato grosse differenze con l’asfalto. Dovetti constatare che il passo e l’equilibrio della Ténéré era ottimo!
Nei giorni seguenti ci si diresse verso Caponord. Si attraversa il circolo polare artico e ebbi quello che un viaggio mi dona ogni volta: la sensazione di pienezza; difficoltà, preoccupazioni, deviazioni, pensieri, calcoli, problemi, ma anche la bellezza della guida, del mezzo, del luogo ed infine molte soddisfazioni personali, ottenute mettendo alla prova la mia capacità di problem solving come parte integrante dello staff nel viaggio.
Attraversammo la Finlandia e ci avvicinammo al confine Russo. Una tappa che non potè mancare fu una tazza di caffè americano ad Hamminberg. Lì si trova un punto raggiungibile solo passando per una strada stretta e qualche ponticello, ma affascinante ad ogni suo metro. Alla fine della strada si arriva in un piccolo complesso di case di pescatori dove la pace e il rumore delle onde sono contornati da fiori viola e rendendo il posto magico e quasi surreale.
La sensazione di una strada che porta alla fine del mondo…unica.
Ricorderò sempre l’arrivo a Caponord con gli ultimi 80 km di pioggia e nebbia in solitaria. Non c’era nessuno se non qualche renna che notai solo quando erano fin troppo vicine a causa della poca visibilità.
Capendo il potenziale pericolo rallentai. Ero entrata in una modalità di completo controllo di me stessa e di totale ascolto della motocicletta. Un respiro profondo dopo una folata di vento brusca. Occhi, orecchie, mani e piedi pronti in caso di necessità ed una concentrazione data anche dal silenzio del luogo. Riuscivo a sentire la gomma che toccava l’asfalto e i bicilindrico lavorare con disinvoltura sotto di me, una sensazione di perfetto binomio…pura poesia.
Da Caponord a Tromso ci furono alcuni problemi e mi trovai a fare 800 km di solitaria in giornata. Inizialmente ero agitata perché gli orari erano sfuggiti di controllo ed avevo l’ultimo traghetto per raggiungere la destinazione alle 19.30. Il meteo stava cambiando, mi fermai a causa di un semaforo per lavori in corso che durava un’eternità. Ne approfittai per far mente locale sull’autonomia della benzina (beata Ténéré con 16 litri di capienza con cui poter fare 350 km tranquilli) e mi studiai con il Garmin il modo migliore per evitare sprechi di tempo nelle stazioni di servizio. Sui fiordi il vento mi fece cambiare l’andatura: mai andare troppo piano ma nemmeno troppo forte, bisogna trovare la velocità corretta, essere saldi sulle pedane e cercare il più possibile di minimizzare l’effetto vela. Con la Ténéré non ho avuto grosse difficoltà nel mantenimento della traiettoria, nonostante il baricentro alto.
Probabilmente l’accoppiata 21/18, unita alla buona capacità ciclistica del telaio ed il lavoro fatto da Andreani Group ha reso possibile questo feeling. Finiti i fiordi mi diressi verso la parte interna del territorio. Qui il clima era clemente. Mi misi alla mia andatura ideale per non stancarmi ed avere sempre il mio range di sicurezza; capii che nonostante la moto fosse palesemente abbassata per consentirmi un solido appoggio nelle manovre da ferma la guidabilità non era stata intaccata. Andando verso il primo traghetto iniziai a vivere e comprendere un motore con un’erogazione particolarmente efficace e burrosa e subito pronto, complice la corretta spaziatura del cambio che mi rendeva semplice il mantenimento nel range di giri di miglior resa. La coppia è spalmata bene in tutto l’arco di erogazione che mi lasciava tranquilla senza rompere la fluidità della mia andatura durante i sorpassi: bastava andare a stuzzicare la parte alta dei contagiri e la moto era subito scattante.
In questa giornata mi permisi di pranzare solo alle 16.30 con le gomme sul traghetto. Un panino e salmone senza togliermi il casco a causa del freddo! Il tempo di un sorriso da ebete ed una carezza compiaciuta al serbatoio e fui già sulla prima isola. Avevo ancora un po’ di km per arrivare all’altro traghetto che temevo dalla mattina per l’orario. Guardai l’orologio e capii che probabilmente sarei riuscita a prendere l’ultima corsa. E qui iniziò quella sensazione di estasi nella guida. Strada piccola accanto al mare, l’odore della salsedine ed il sole ancora alto come se fosse mezzogiorno. Mi resi conto della bellezza incontaminata del luogo e dalla contentezza iniziai a cantare mentre macinavo km. Non c’era nessuno se non io, la Ténéré e la strada.
Sul secondo traghetto non scesi nemmeno dal mezzo. Cavalletto giù e mi feci cullare dalle onde. Iniziai a sentire la stanchezza e il maledetto freddo, un momento di ascolto del mio fisico con quei piccoli dolori dietro alle spalle e il calo di tensione ed euforia della giornata; forse complice l’accumulo della settimana già passata con più di 4000km. Un mio piccolo momento interrotto dal ragazzo che lavora sul traghetto che mi consigliava di tenere ferma la moto perché avrebbe iniziato a muoversi parecchio il mare. Scesi dalla sella al lato destro della moto, mi appoggiai con il mio peso ad essa in modo da mantenere i suoi 200 kg sul cavalletto. Rimasi in silenzio e mi piacque molto la sensazione che questa Ténéré mi stava donando, adoravo anche quella emozione di solitudine visto che era tutta la giornata che parlavo solo nella mia testa. Mi venne spontaneo un accenno di sorriso sulle labbra: stavo provando tutto quello che cerco in un viaggio a 2 ruote: la sensazione di essere viva. Sbarcata mi diressi verso l’albergo a Tromso. Iniziai a rendermi conto che realmente la Ténéré può essere vista come un’ottima touring. È una vera tuttofare. In 800 km ho provato vento, sterrato da lavori in corso e pioggia e non avevo quella stanchezza che tante altre moto mi avrebbero “regalato”. Sarei riuscita a fare ancora km in quella stessa giornata.
Arrivata in hotel un viso famigliare mi diede serenità e parcheggiai.
I 2 giorni seguenti ci dirigemmo verso le Lofoten. Alloggiare a Svolvaer è stata una brillante soluzione per poter girare questo luogo. Consiglio fortemente la strada che passa per Bo e Nordmela per arrivare ad Andenes (non l’82 che è nel versante est dell’isola), una strada con curve dolci in cui non si possono fare velocità troppo sostenute sia perché la strada è stretta sia per la presenza di pecore.
Questa andatura è comunque perfetta per ammirare gli altopiani, le irregolarità delle rocce scure, notare le strandflat disperdersi nelle acque blu intenso e macchie di acque verdi dovute alla dalla sabbia candida beige quasi bianca. Questo incanto era interrotto ogni tanto dalle casette di legno dei pescatori color rosse e bianche che, nonostante i colori accesi, si sposano perfettamente con il contesto.
I giorni seguenti attraversammo di nuovo il circolo polare artico passando per Mo I Rana e Trondheim. I chilometri iniziarono a farsi sentire un po’ di più nelle ore serali, si stavano macinando parecchi km ed erano già 10 giorni di viaggio.
Ero elettrizzata…stavo per arrivare in un luogo di cui avevo solo sentito parlare e di cui non avevo nemmeno guardato le fotografie per non rovinarmi la sorpresa e poter sentire a pieno la forza del posto…fu un viaggio come la lettura di un libro, pagina dopo pagina aspettando il colpo di scena.
Quella mattina si partì da Trondheim con qualche goccia di pioggia alternata ad un cielo nuvoloso, traghetto, e poi ci si diresse verso l’Atlantic Ocean Road tra viadotti e punti scenografici a strapiombo sul mare. Un ponte scenografico dove può tirare vento forte (in alcuni ponti troverete la velocità del vento espressa in m/s, ricordatevi di moltiplicare il valore per 3,6 per avere il risultato in km/h. 16 m/s è già un vento a cui star attenti). Finito questo tratto arrivò il momento tanto atteso da qualche giorno. Era il momento di indirizzarmi verso quella parte del libro da leggere tutto in un fiato. Ad ogni chilometro l’emozione cresceva, complice anche l’inizio della pioggia incessante? Questo clima tipicamente norvegese, rendeva tuttoPIù bello. Ed eccoci arrivati: Trollstigen, la scala dei Troll! Capii di essere ai piedi di questo passo dalla strada circondata da montagne nere attraversate da ruscelli che dalle cime arrivavano a valle. Fermai il Ténéré e in sella ami guardai intorno stupefatta dalla sensazione di tetro tra pioggia e nebbia.
Nel niente più assoluto una Ténéré da colori accesi.
Iniziai a percorrere i tornanti circondati da cascate. Non avevo ancora provato il mezzo su questo tipo di curve, fluido e di facile inclinazione come se danzasse in punta di piedi, mentre io potevo concentrarmi ad ammirare ogni singolo angolo di quel magico posto. Arrivata in cima mentre frenavo per parcheggiare, urlai un “che figata!”. Pensavo di essere sola ma sentii una persona ridere compiaciuta dell’emozione che avevo espresso; mi imbarazzai per un secondo ma poi sorrisi. Diluviava e c’erano 5 gradi, ma non me ne andai. Scesi dalla moto ed aumentai il mio passo per arrivare all’ultima tappa importante del viaggio: la vista panoramica del passo. Fradicia e infreddolita tornai alla moto dopo una ventina di minuti. Faticai a mettere i guanti per il freddo ed impostai sul navigatore l’hotel a Geiranger, un luogo incastonato all’estremità di un fiordo bellissimo, ottimo per salutare al meglio questa Norvegia. Il giorno seguente si partì con 6 gradi e pioggia. Ancora una strada di saluto tra curve, fiordo e montagne per poi arrivare ad Oslo e salutare questa avventura da 7500 km in due settimane.
Questo viaggio mi ha fatto capire che spesso alcune opportunità sono mascherate da svantaggi o temporanee sconfitte e se non si riconoscono come momenti passeggeri, arrivano le cosiddette “sconfitte personali”. Ma vorrei dire una cosa: non si deve mai rinunciare, ma si deve trasformare il desiderio nel proprio diamante. Ebbene sì, finalmente posso dire che ho guidato la Ténéré 700 in Norvegia senza grosse difficoltà, superando tutte le limitazioni che mi bloccarono due anni fa.
Ringrazio tutti quelli che hanno reso possibile questo mio battito di cuore cullato dal ritmo di un bicilindrico fasato con scoppi irregolari a 270 gradi. Probabilmente anche io ho gli scoppi irregolari e per questo la sintonia con la Yamaha è stata cosi soddisfacente per me.