Motospia

UN MILIONE DI CHILOMETRI. CAPITOLO 33 2023. Doveva essere un anno tranquillo ma il destino ha sempre disegni strani.

Un milione di chilometri APRILIA PEGASO CUBE 650

2023. Mi presento con un parco moto invidiabile: un mono versatile come la SWM Superdual X e una Africa Twin 1100 adv che promette di essere una grande viaggiatrice.

In un’annata in cui ho inanellato parecchi viaggi.: Tunisia l’amato Friuli (il 50% delle mie origini) poi nel giro di un mese e mezzo Islanda e Norvegia si potrebbe dire che è stato tutto perfetto, ma così non è stato. Girando le domeniche ma anche venendo spesso al lavoro in moto mi rendo conto di come andare in moto diventi sempre esponenzialmente più pericoloso.

La gente ha il focus sugli smartphone più che sulla strada e purtroppo appena tornato dall’ Islanda ricevo la chiamata che non avrei mai voluto ricevere. Mio padre mi telefona, è caduto e non riesce a rialzarsi. Per fortuna ero vicino e in 5 minuti sono sul posto. Chiamo il 118 e in breve lo portano in ospedale. C’è stato un colpo di calore o un mancamento e qualche punto da mettere sulla testa. Ovviamente i tempi al pronto soccorso sono biblici ma quando arrivo la sera per riportarlo a casa la doccia fredda. Dall’ecografica risultano dei noduli sulla testa. Cosi a casa non è più tornato. Era in pratica una sentenza da malato terminale ma ne io ne lui ci abbiamo creduto tanto che con una certa terapia sembrava quasi rimettersi in forma. Ma appena sono tornato dalla Norvegia (sono potuto partire perché’ mentre io partivo mio fratello arrivava dalla Germania per le sue ferie) le cose si mettono progressivamente peggio e alla fine il 22\09 alle 14.45 finisce quello che per me era il faro, l’ispirazione, nel mio percorso di vita e lavorativo, in sostanza mio padre non c’è più. Voglio condividere con voi la lettera che ho scritto ai miei dipendenti per raccontare brevemente chi era mio padre Antonio:

Antonio è nato in Abruzzo da una famiglia di contadini il 31-08-1937 e si è diplomato andando prima a portare le pecore sul campo, per poi recuperarle quando tornava da scuola. Non vedendo alcuno sbocco lavorativo tentò con successo la carriera militare. Fece il corso ufficiali e divento in breve tenente e poi comandante. Si trattava di un corpo sperimentale, la fanteria meccanizzata, ma dopo un po’ di entusiasmo iniziale capì che ne era la vita per lui.

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Antonio Ferrara, il padre di Max

Non amava né comandare né essere comandato e così guadagnati abbastanza soldi seguì un flusso migratorio del suo paese che andava verso la Svizzera con suo fratello. Cambiarono diversi lavori, e lui totalmente autodidatta imparò talmente bene il tedesco da poterlo poi insegnare ad altri italiani. Nel frattempo lavorava in una ditta che confezionava fiocchi e brevettò un attrezzo che accelerava il lavoro ma ingenuamente si fece dare pochi soldi (anche se a lui sembravano tanti).

E’ stato 7 anni lontano dall’Italia, nel frattempo conobbe altri italiani e in particolare una famiglia friulana e un ragazzo diventato suo amico gli disse “devi conoscere mia sorella Rosina che verrà anche lei qui a lavorare!”. Mia madre, ultima di 7 fratelli, arrivò in Svizzera e conobbe Antonio e da lì iniziò una storia che è finita solo nel 2003 quando lei morì prematuramente. Dopo aver modificato auto e macchinari nel tempo libero iniziò a collaborare come interprete con una azienda che importava scarpe italiane in Svizzera, e dopo un pò gli offrirono una posizione in una città sconosciuta in Italia: Civitanova Marche e lui accettò.

Così uscendo dalla Svizzera sono passati in Friuli per sposarsi, e il viaggio di nozze è stato il trasferimento verso questa nuova vita a Civitanova. Si appassionò tanto delle scarpe, dalla tecnica per fabbricarle ai materiali e in breve cambiò lavoro diventando il direttore delle vendite dei f.lli Sagripanti di Montecosaro. Questo lavoro era pagato davvero molto bene ma dopo 2 anni come diceva lui da “schiavo” mollò tutto per tentare la carriera, che poi fu un successo, di rappresentante di calzature girando tutto il nord Italia accumulando 70\80.000km all’anno e perfezionando le sue tecniche di vendita.

Era un rappresentante anomalo perché gli altri prendevano i campionari e andavano in giro a vendere, lui invece partecipava alla realizzazione del campionario stesso e suggeriva tendenze e accorgimenti tecnici. Nel frattempo faceva anche consulenze per calzaturifici tedeschi che compravano scarpe o materiali in Italia. Nel 1991 quando era quasi prossimo alla pensione e io mi ero diplomato da 2 mesi, e mio fratello aveva appena finito il servizio militare, si poneva il dubbio su cosa potevamo fare per lavoro noi due. Nessuno di noi due voleva fare il rappresentante, avevamo visto quanta fatica, km e lontananza da casa doveva sopportare e non volevamo una vita così.

Un suo amico gli disse: c’è una signora di Porto Sant’Elpidio che vende una macchina da ricamo con clientela annessa, e contemporaneamente trovò una ditta che commerciava pelle sintetica e così aprimmo il ricamificio che si chiamava Massimo Ferrara rappresentanze perché tutti pensavamo che la vendita della pelle sarebbe stato il nostro core business (solo io potevo aprire la partita iva, infatti poi diventò, come si chiama tutt’ora, F.lli Ferrara). Con la pelle non andò mai bene, non vendevo niente, giravo i clienti a 19\20 anni mi prendevano come un ragazzino che non capiva nulla (in parte era vero). Ma quella unica macchina da ricamo invece, che era vetusta già allora, qualche soddisfazione ce la dava perché Antonio nel suo lavoro promuoveva scarpe con ricami fatti da noi, così senza sapere granché di nulla eravamo saturi di lavoro. Dalla prima vetusta poi si comprarono altre macchine usate, e poi la prima nuova nel 1995, e mia madre da casalinga diventò la mia operaia migliore di sempre.

Con il lavoro e i primi guadagni compravamo moto e iniziavamo a girare l’Europa. Quando lei è morta, se ne è andata anche una parte di Antonio, che nel frattempo era andato in pensione; ma invece di dedicarsi a sé stesso ha dato tutto per questa azienda, per i figli, mettendoci più volte soldi di tasca sua per non farci fallire.

Ha anche avuto tantissime intuizioni su come migliorare processi produttivi, modificare materiali e nonostante non fosse più giovane, da tempo imparò a disegnare al pc per creare nuovi effetti sulle pelli per calzature. Nessuno da me incontrato nel mio percorso lavorativo si è mai dimostrato cosi versatile e trasversale nel lavoro. Un vero talento creativo e geniale.

Noi dobbiamo tutto a lui anche se gli ultimi anni non era più presente mi sono sempre confrontato con lui su cosa volessi fare. E anche se alle volte era un po’ burbero qualsiasi cosa facevo io la dovevo esporre e raccontare a lui. Dopo l’uscita di mio fratello dalla società ho avuto di nuovo anni bui e complessi e quando gli ho detto, voglio mettere un operaio come socio, mi disse se vuoi ti do dei soldi questo perché ha sempre risparmiato pensando ai figli, anche a discapito delle sue stesse esigenze. Io gli dissi non ho bisogno di soldi Papà, ma ho voglia e bisogno di creare una squadra vincente, che è quello che poi ho realmente creato. In questa azienda, nel nostro lavoro, c’è il sudore di mia Madre e mio Padre. La sua travagliata vita meriterebbe un libro che non sarà mai scritto. Ci sono infiniti aneddoti sulle sue capacità anche manuali dato che sapeva pure lavorare il legno e i metalli. Recentemente quando era malato e rassegnato, gli ho detto perché non scrivi la tua “storia” e lui mi ha risposto: la mia storia è finita quindi, non interessa, tu hai ancora la possibilità di fare la differenza quindi tu sei la storia e il futuro. Lui era così, modesto… riservato ma soprattutto geniale. Ho avuto una grande famiglia. Anche se il rapporto con mio fratello ha avuto alti e bassi abbiamo con il tempo trovato il modo di rispettare le nostre diversità. Avevamo bisogno di cammini diversi per “realizzarci” e insieme non avremmo potuto farcela, per questo la separazione lavorativa è stato un eccezionale volano per entrambi.

Mi manca tanto mio padre, l’ho capito mentre andavo a recuperare gli effetti personali, mentre l’ho accarezzavo l’ultima volta. Ci sono emozioni che non si possono scrivere o raccontare io ci provo perché non voglio mai dimenticare niente di lui come ho cercato di conservare, il più possibile il ricordo, di mia madre.

Un milione di Km, capitolo 33

Ho voluto mettere a nudo la mia fragilità perché da anni sono promotore della moto terapia, ma in questo frangente nemmeno lei ha portato sollievo immediato.

Intanto mentre le cose peggioravano ho fatto un piccolo incidente con la SWM tamponando un furgone mentre ero al telefono in vivavoce con l’oncologo, e questo mi ha fatto capire che dovevo rallentare con la moto perché la mia testa non riusciva a staccare. Con la moto posso staccare da qualsiasi problema, ma non da un padre che si stava spegnendo giorno per giorno.

Un milione di KM, le moto 2023

Appena riorganizzata per quanto possibile la mia vita ho deciso di provare a stimolare la mia testa a tornare a viaggiare. Ho messo in vendita l’Africa Twin e mi sono messo alla ricerca di una maxi moto a cardano. Potevo scegliere in pratica solo tra GS Adventure o Triumph Tiger. Ho scelto Bmw con la 1250 Adventure per un motivo semplice: in teoria è più facilmente rivendibile e così ne ho cercata una di circa 4 anni con 20.000 km da poter strapazzare per vedere se nasce un amore e se riuscirò nel tempo a resistere al richiamo della nuova Moto Guzzi Stelvio che sarà presentata ad Eicma. (e chi mi legge sa bene quanto sono attratto dalle Guzzi….).

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La nuova compagna di Max Ferrara

Comunque, oggi, la mia prima scelta sarebbe stata la Ducati Multistrada Rally, ma è fuori budget.

Anche il GS è fuori budget, e infatti siamo andati sull’usato. Fatte alcune piccole modifiche come installare l’attacco per la borsa da serbatoio il tris di valige Mytech ho pensato di fare un viaggio in solitaria per ritrovare me stesso: il piacere di andare in moto e a dirla tutta la gioia di esserci in questo mondo. Il primo aspetto che mi mancherà sicuramente in questa moto è non poterla mostrare a mio padre e chiedergli cosa ne pensasse. Il viaggio in solitaria è poi diventato un viaggio di coppia..

Un milione di KM, la BMW R 1250 GS Adventure

A differenza del solito che prendo le moto e parto subito a bruciare 10.000km in pochissimo tempo qui farò le cose diversamente. Devo avere una nuova consapevolezza e un nuovo modo di fare. Non so’ ancora se si è rotto qualcosa in maniera definitiva, o ho solo preso una pausa dal mio essere in continuo movimento. Arrivati al 2 novembre si apre la finestra per poter partire 4 giorni e penso subito alla Svizzera e alla foresta nera. Detto fatto! Si parte. Il GS 1250 ADV si rileva una macina km inarrestabile. Autonomia da 550 a 650km, vibrazioni assenti, cambio buono e dal mio punto di vista due difetti.

Il primo una certa rumorosità di scarico che sicuramente è una cosa voluta. Il 1200 che ho guidato in Islanda era anche peggio, nulla di preoccupante, ma io amo le moto silenziose.

La seconda la sella, non riesco a trovarmi bene nemmeno messa in alto. Con il tempo, e guardando ma soprattutto provando altre moto, ho capito che il precedente proprietario aveva fatto scavare la sella. Sicuramente un beneficio per lui ma un grosso svantaggio per me. Ho ordinato, e aspetto con ansia, la sella Touratech rialzata che dovrebbe restituirmi una postura perfetta.

Ora arriva Eicma e così anche tante altre novità, ma io mi interesso oramai poco delle novità, anche se c’è una Stelvio Moto Gruzzi all’orizzonte che disturba le mie notti… tuttavia per fortuna per ora non è disponibile con sospensioni elettroniche e quelle del GS con l’assetto automatico sono davvero una manna dal cielo per il turismo e il continuo passaggio da uso da solo a coppia o carico. Intanto alla faccia della mia volontà di non usarla tanto in un mese ho fatto 5000km.

Il motore a fasatura variabile 1250 è un sogno di regolarità e pulizia di erogazione della coppia, fatico a trovare un difetto. Personalmente avrei rapportato più corte le prime 3 marce e più lunghe le ultime 2…ma parliamo di gusti personali.

Il consumo con il mio modo di andare varia da un massimo di 17 in due a velocità autostradale con carico e borse a 20\21 sul misto.

Una moto davvero ben riuscita che merita di essere provata con attenzione. Non ho mai amato il telelever, e quella sensazione di non feeling con l’avantreno ma dopo 5000km inizio a fidarmi e trovo che l’assetto sia davvero rassicurante e facile.

Il centrale non è facilissimo da mettere con la moto a pieno carico e trovo pratico anche l’Hill Holder che permette di tenere la moto frenata in automatico quando sei fermo in salita o anche in piano, sembra una cavolata ma girando in due a pieno carico è davvero pratico.

L’interfaccia cruscotto e vari settaggi è molto facile tanto che senza sfogliare il manuale sono riuscito a configurare tutto.

Un altro anno se ne sta’ andando e con lui tante emozioni problemi delusioni e mancanze, l’unica cosa che continua a non mancarmi è la voglia di andare in moto. Sembra che sia una cosa innata in me, e che non sia arrestabile se non per brevi periodi.

Chissà se questa magia continuerà per sempre? Inutile pensarci meglio pensare a vivere e godermi il momento….

Un lampeggio

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