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Niente moto per le donne in Iran Il regime limita sempre più le donne e colpisce chi usa le due ruote

Niente moto, scooter o bicicletta per le donne in Iran. Il regime degli Ayatollah, non vuole women on bike.

Le donne iraniane si vedono negata la possibilità di muoversi in sella ad una moto od uno scooter.

Sembra una sciocchezza, ma spesso le due ruote sono il mezzo più veloce per muoversi in Iran, e fino a qualche mese fa moltissime donne usavano le moto negli spostamenti quotidiani. Da qualche tempo, precisamente dal 19 febbraio, però il regime ha decido di “organizzare e regolamentare” l’uso delle motociclette.

Reprimere e controllare

A Teheran, capitale dell’Iran, e nelle principali città, sono dunque state subito applicate le nuove norme per tutti coloro che non hanno la patente, come per l’appunto la maggior parte delle donne. Numerosi i posti di blocco della polizia in tutto lo Stato. Stranamente la maggior parte dei fermi riguarda le donne in sella. Il piano sembra l’ennesima modalità per reprimere e controllare le donne.

Non tutti sanno che in Iran una donna non è assolutamente autorizzata a prendere la patente per la moto. Già questo le poneva in situazione di muoversi fuorilegge, però fino a qualche mese fa la polizia chiudeva un occhio, ed a volte anche due.

Ora il regime, ed in particolare il leader supremo, l’ayatollah Khamenei, ha rimarcato che andare in moto per le donne è illegale perché, secondo la legge, solo gli uomini possono richiedere la licenza di guida.  In verità alle donne viene impedito di andare persino in bicicletta, in quanto considerato contrario alla virtù. E quindi stop anche a gare e partecipazioni delle donne a manifestazione.

Divieti storici

Le motocicliste iraniane non sono nuove purtroppo a queste repressioni. Uno dei primi divieti di Khamenei alle donne di partecipare a gare motociclistiche ci fu tramite una fatwa (decreto legale) negli anni ’90 che affermava: «È contrario alla castità delle donne e quindi è necessario che non lo facciano». Tuttavia c’era uno spiraglio. Se una donna voleva prendere parte a tali competizioni in un ambiente privato e dove gli uomini presenti erano mahram (stretti familiari), non nascevano problemi.

Nel 2016 il regime e Khamenei affermarono che ” Le donne che pedalano o sono in sella in luoghi pubblici e davanti a non mahram [spesso l’attenzione degli uomini e possono portare a sedizioni e corruzione della società e va contro la castità delle donne. Non dovrebbe accadere”.

Spesso purtroppo queste limitazioni sono dovute a male interpretazioni della legge coranica. Il sito web di Islamic Quest, che esamina le fatwa e le basi religiose, ha giustificato più volte nel corso degli anni le limitazioni alle donne di usare biciclette e motocicli. “Il profeta Maometto ha detto che le donne non dovrebbero camminare in mezzo alla strada; sono in grado di camminare solo lungo i muri o sul ciglio della strada”.

Le donne iraniane non si fermano.

Nonostante questi divieti persistenti, le motocicliste sperano ancora di essere in grado di guidare, e non solo per le strade, ma anche in pista.

Alla fine di gennaio, 65 motociclisti iraniani hanno preso parte a un evento competitivo della Federazione motociclistica e automobilistica in Iran. Più di 30 donne hanno gareggiato, nonostante il divieto ufficiale di farlo. I media statali iraniani e i media affiliati alle Guardie Rivoluzionarie si rifiutano di coprire tali eventi, ma siti web indipendenti e media della diaspora riferiscono regolarmente del coraggio di queste atlete di fronte alla discriminazione in corso.

Tante le atlete conosciute che si fanno portavoce della situazione delle donne in Iran. Dalla motociclista di motocross Nora Naraghi alla stuntwoman Masha Ahmadi arrivando alle campionesse Behnaz Shafiei,  Shahed Rabiee e Sedigheh Khati.

Queste motocicliste sfidano fatwa e divieti, rischiando l’arresto per esercitare la loro professione e seguire la propria passione, e sono portavoce di ogni donna presente in Iran.

Lo fanno per raggiungere i loro obiettivi sportivi e godere di quelli che, dopo tutto, sono i diritti loro e di tutte le donne.

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