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Duemilaruote, la madre di tutte le aste

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Lo scorso weekend Motospia ha sbirciato in quella che si può descrivere, almeno per l’Europa, come l’asta del secolo. Parliamo di Duemilaruote, la vendita all’incanto del patrimonio motoristico di Luigi Compiano, ex reuccio della vigilanza privata del nordest, da parte del colosso delle aste RM Sotheby’s.

Accaparramento compulsivo: per descrivere in due parole, il sogno di Luigi Compiano, bisogna rubare dal linguaggio utilizzato dai medici. Non è infatti semplice collezionismo quello che spinge a comprare più di 50 Porsche 911 o  identiche (soprattutto se non si pratica lo speedway).

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In fila indiana, in attesa di finire sotto il martello del banditore.

È il bisogno irrefrenabile di avere quanti più esemplari possibili di un oggetto, che servano oppure no. Eppure questa fissazione dell’imprenditore trevigiano caduto in disgrazia ha sicuramente emuli in qualcuno degli oltre 6.000 offerenti registrati (che hanno sborsato 100 euro solo per la tanto agognata paletta da offerente) alla vendita all’incanto che si è tenuta da venerdì 25 a domenica 27 novembre all’interno della sesta edizione della kermesse Milano AutoClassica, ormai appuntamento fisso per gli amanti dei mezzi storici.

L’asta è stata sulla bocca degli appassionati per diverse settimane prima dell’evento, complice anche l’assenza di prezzo di riserva su tutti i lotti. Ma attenzione: nonostante alcuni oggetti sembrassero sulla carta molto appetitosi, quasi nessuno è riuscito ad accaparrarsi l’affare della vita.

Innanzitutto per le falangi di offerenti che hanno bazzicato, fisicamente, via telefono oppure online, il padiglione 24 della Fiera di Rho-Milano in questi tre giorni. Anche perché i ben informati dicono che dall’altra parte della cornetta o dei PC si parlava arabo, russo e cinese. In aggiunta, aspetto non secondario, i veicoli dei lotti minori in termini di potenziale ricavo (e certamente le moto si collocano in questa categoria) non sono stati verificati o messi in moto prima dell’asta. Si dice “visto e piaciuto”, che significa, più prosaicamente, che il rischio bidone era dietro l’angolo.

Ma andiamo al sodo, cosa si nascondeva tra le oltre 150 moto che sono finite under the hammer?

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Enduro, cafe racer, supersportive e tanto altro… Moto per ogni stile di guida.

Delle moto da speedway abbiamo già accennato, anche se non si tratta solo di Jawa (vendute a circa 2.500 euro l’una). Per 4.095 euro avreste potuto portarvi a casa un Montesa Cota 340 da trial del 1976 (che Sotheby’s pensava di piazzare tra i 1.000 ed i 1.500 euro). Vi piacciono gli enduro anni 80? Per voi c’era una bella Yamaha XT 600 Tenerè del 1983, probabilmente bisognosa di un po’ di amore ma che di certo ha visto pochissima sabbia del deserto. Venduta a circa 4.000 euro, leggermente di più rispetto al prezzo massimo ipotizzato dalla casa d’aste.

Ma non si trattava solo di vecchie nonnette con probabili acciacchi. La casa d’aste stimava di ottenere tra i 3.000 e i 4.000 euro per una moderna Triumph Bonneville T100 e una cifra analoga per una Triumph Scrambler 900 (battuta invece a 8.100 euro); dopo averle viste dal vivo scommettiamo che avranno entrambe ancora parecchi chilometri davanti a sé. E l’asta non ha deluso neppure gli amanti delle cafè racer d’antan, con un tripudio di AJS, BSA e Norton, o i cacciatori delle piccole cilindrate con decine di scramblerine leggere o flat-tracker tra gli 80 e i 175 cc tra cui spiccavano Yamaha, Gilera e Maico.

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Alcune delle Jawa da speedway in vendita. Erano una ventina, quasi tutte identiche.

Meritano una menzione speciale anche le moto “non convenzionali” della collezione, come il Mulo Meccanico della Guzzi (battuto a 18.720 euro), diverse minimoto (offerte in blocco) ed un sidecar BMW del periodo bellico (piuttosto caro, 37.444 euro).

Girando tra i lotti ci hanno colpito tre moto: una Yamaha TZ Racing, che ha chiuso a 35.100 euro, una Husqvarna 400 CR del 1972 (7.605 euro) ed una Ducati Desmosedici RR del 2008, venduta ad un prezzo piuttosto rotondo: 70.200 euro.

Noi di Motospia abbiamo dato un’occhiata durante la sessione della mattinata di venerdì, ovvero all’inizio di Duemilaruote. Nessun lotto eclatante durante la nostra permanenza, prevalentemente automobili e veicoli di minor valore. Ma l’eccitazione ed il testosterone erano già nell’aria prima ancora di entrare in fiera. Il varco di accesso al padiglione dell’asta è stato preso d’assalto già di prima mattina, ed i più esagitati erano quelli che avevano già al collo il numero magico, ovvero il pass da offerente, e la borsetta di RM Sothebys con il catalogo dell’asta. Un bel gadget, ma inutile.

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Una bella Laverda 750 SF del 1972, venduta a più di 10.000 euro.

Tutti, italiani e stranieri, erano già arrivati da casa a Duemilaruote con fascicoli pieni di annotazioni, ipotesi di valore e numeri dei lotti già sottolineati. Insomma, che si trattasse di appassionati alla ricerca del colpaccio o di commercianti col coltello tra i denti, tutti avevano fatto i compiti a casa. Nell’area riservata agli offerenti all’interno del padiglione regnava un silenzio siderale. Tutti impegnati ad ascoltare le istruzioni del banditore, che non ci metteva più di tanto a far salire velocemente i prezzi oltre i range indicati nel catalogo.

Duemilaruote non è stato però solo una festa per gli offerenti (che lo sia stato per la casa d’aste, viste le laute commissioni in percentuale sul prezzo spuntato, è fuor di dubbio): tutti i visitatori di Milano AutoClassica hanno avuto la possibilità di girovagare tra i lotti, toccare i mezzi, aprire i cofani e persino ficcare il naso all’interno delle vetture.

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Nessuna distrazione per i partecipanti alla sessione del venerdì mattina.

Insomma, chi credeva di poter comprare auto, moto, e automobilia a prezzi di saldo è stato deluso già dai primi lotti aggiudicati. A detta dei professionisti del settore (e anche di tanti appassionati con cui abbiamo parlato in fiera), molti dei lotti sono stati venduti a prezzi irrazionali, fuori da qualunque logica economica. Le motociclette non hanno forse raggiunto gli eccessi delle autovetture (le 9 supercar più prestigiose dell’asta hanno incassato cumulativamente oltre 9 milioni di euro), ma di certo l’evento non ha contribuito ad avvicinare il grande pubblico al mondo delle aste.

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Speravamo di portarci a casa quest’insegna, ma l’asta ha preso una brutta piega…

Per un attimo anche noi avevamo pensato di portare a casa un piccolo ricordo di Duemilaruote ed avevamo addocchiato una bella insegna Coca Cola degli anni 50. L’hanno venduta a 32.760 euro, ovvero un multiplo del prezzo di listino di molte delle moto nuove che trovate nel Motocatalogo …

Va da sé che ci siamo accontentati di una copia del catalogo.

Cesare Sasso

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