Qualche chilometro con la Moto Guzzi V7 III Rough, una delle tre edizioni speciali 2018 del best seller di Mandello. Basta qualche variante estetica rispetto alla collaudatissima versione base per renderla una moto diversa (e più desiderabile)?
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A zonzo per la città, in qualche strada extraurbana e lungo l’autostrada con la V7 III Rough, la versione della V7 che secondo la stessa casa “esalta l’anima urban/country di Moto Guzzi”. Parliamoci chiaro, nonostante i nomi che lasciano pensare a vocazioni diverse tra loro, tutte le moto della famiglia hanno stesso telaio, meccanica e motore. Rispetto alle sorelle la Rough vi può conquistare quindi solo da un punto di vista estetico, per il resto è sempre la stessa motocicletta. Le differenze, però, colpiscono. Partiamo dal colore (unico), un grigio chiaro satinato, molto modaiolo. Non è il tanto decantato “grigio Audi” che va di moda ora, ma fa decisamente la sua figura e spicca, pur non essendo sgargiante, tra le altre moto parcheggiate. Molto belli poi i cerchi raggiati neri e gli altri dettagli che dichiarano guerra al luccichio, come la cornice faro sempre nera o i soffietti in gomma che nascondono gli steli della forcella.
Rispetto alle versioni precedenti della V7, la Rough e le altre sorelle della terza serie beneficiano di un nuovo telaio a doppia culla derivato da quello della V9 e degli ammortizzatori Kayaba. Anche il motore è stato rinnovato: sempre 744 cc con alesaggio e corsa invariati, ottenuti però con un nuovo basamento in alluminio e una termica ripensata. Il risultato è una maggior potenza (52 cv) e una spinta leggermente più aggressiva (60 nm di coppia) che si sfruttano al meglio senza salire troppo di giri. La frenata, molto progressiva, è garantita da due pinze Brembo che mordono dischi da 320 mm all’anteriore e da 260 mm al posteriore, ovviamente gestite dall’ABS.
Il comportamento su strada della V7 III Rough è estremamente gradevole, è una moto agile nonostante il peso (209 kg) che si fa amare per l’erogazione dolce della potenza. Attenzione però, pur non essendo pensata per le gare di accelerazione ha una risposta sufficientemente pronta quando si gira la manopola del gas, complice anche la trasmissione a cardano.
Le reazioni non sono mai scomposte anche quando la si provoca grazie al sistema MGCT (Moto Guzzi Controllo Trazione) che interviene per tagliare la potenza al momento giusto. Il sistema ha due livelli di allerta, se la usate molto in città con chilometri di sanpietrini vi suggeriamo di settare quello più tollerante per evitare andature a singhiozzo e l’effetto “albero di natale” sul quadro degli strumenti. I cambi di direzione, tanto negli angusti spazi cittadini quanto nei sorpassi autostradali, sono rapidi e fluidi. Nel traffico aiuta invece molto l’altezza da terra contenuta (la sella è a 770 mm). Il consumo, 5,5 l per 100 km, è ragionevole.
Il giudizio finale? E’ una moto certamente valida, perfetta per l’utilizzo cittadino e per il commuting ma anche per le gite fuori porta del weekend e qualche scappata su un bel passo di montagna. Adatta per nuovi motociclisti ma anche per quelli più maturi, a patto che non vogliano correre troppo.
Come per alcune altre moto lanciate recentemente sul mercato, anche per la V7 III Rough l’unica nota stonata è secondo noi il nome. Se chiudiamo gli occhi e pensiamo a una moto ruvida (sulle sponde del Lago di Como non usano “rough”…), difficilmente ci viene in mente una cavalcatura educata e perbene, con una tassellatura leggera, lo scarico basso e un serbatoio che meriterebbe una mano di polish ogni volta che rientra in garage. Certamente non è ruvida come la V65 TT degli anni ottanta: è una scrambler, sì, ma modaiola e non adatta a sentieri più dissestati del vialetto di casa.