Motospia

Tracce di primavera su un’isola, Ortigia

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Un’isola – Ortigia – dove Greci, Romani, Aragonesi, Arabi, Normanni hanno lasciato le loro tracce. Un centro storico in mezzo al mare collegato con due ponti alla terraferma. Case nobiliari, templi, porti, fonti di acqua dolce, leggende, giardini d’inverno, un castello, buon pesce, una cucina tradizionale mediterranea, i dolci tipici della pasqua. È Ortigia.

 È l’isola che racchiude le tante anime di Siracusa, le sue culture, la sua storia.

Il tempio di Apollo a Siracusa

Andiamo a Siracusa

Guidare la moto per raggiungere Siracusa è già un innamoramento delle coste orientali della Sicilia. Sbarcati sull’isola, lasciate alle spalle quelle correnti marine insidiose e turbolente tra Scilla e Cariddi, cerchiamo subito la strada costiera, la SS114 che da Messina va a Sud, fino alla punta estrema della Sicilia, Capo Isola delle Correnti. Siracusa sta proprio in fondo,  fucina di quel mix incredibilmente complesso di culture di quei popoli che sono sbarcati in questa città. Popoli che hanno lasciato le loro tracce su un’isola resa stupenda anche dal clima e dalla natura.

La costa orientale

La moto percorre dolcemente le curve della strada che segue la costa e si snoda tra le fiumare, secche, che mostrano tutta la loro durezza nei sassi grigi e lisci. Questi sassi, inerti all’apparenza, in realtà sonnecchiano, pronti a svegliarsi e schizzare intorno appena qualche giovane indigeno viene a risollevarli con un po’ di motocross.

Ad Acitrezza non sappiamo cosa ammirare per primo.  Se distogliamo lo sguardo dalla strada e spostiamo di poco il casco a sinistra ammiriamo in tutta la sua avvenente seduzione la riviera dei Ciclopi. Il panorama ci riporta immediatamente alla leggenda di Ulisse e agli scogli appuntiti conficcati nel profondo del mare, lanciati dal Ciclope indemoniato.

Se spostiamo leggermente il casco a destra una splendida visuale ci ammalia. Si staglia contro il blu del cielo quel grande e imponente vulcano che sbuffa, borbotta, fuma, sputa lava, inondando le strade di sabbia nera. E ci facciamo caso.  Avvertiamo molto chiaramente la sabbia sotto i copertoni della moto.

Un primo giro dell’isola

Giunti a Siracusa ci conviene attraversare l’intera città e dirigerci direttamente verso l’isola di Ortigia. È un must percorrere il suo periplo in motocicletta. Si respira aria di mare, sembra di abbracciare il sale, il pesce, i ricci, le alghe, le barche dei pescatori, le case di pietra rimesse a nuovo, i lucidi lastricati delle strade, la storia dei palazzi antichi che ti passano davanti come una sfilata di top model per farti ammirare il loro fascino seduttivo. Tracce di culture su un’isola antica.Tracce su un'isola, Ortigia

Il primo giro, in moto, è lungo la costa.

Attraversato il ponte umbertino basta imboccare subito a destra la Via dei Mille per trovarsi, in fondo alla strada, lo spettacolo incredibile di quella grande distesa d’acqua che assomiglia ad un lago ed invece… è il porto grande. Costeggiando il mare adocchiamo subito Porta Marina, uno splendido esempio di porta catalana. Non si può non dirigere la moto in direzione di questa imponente porta… occorre passarci sotto per “sentire” che si sta entrando nel cuore dell’isola. Tracce su un'isola, Ortigia

Proseguire lungo il lungomare di levante e arrivare allo slargo della fonte Aretusa è quasi imporre alla propria moto una passeggiata romantica. Guidarla con un filo di gas, per gustarsi i palazzi e quel mare che incredibilmente rapisce gli occhi e l’anima.

Tracce su un'isola, Ortigia
Zona dei calafatari

Percorrere Via Maniace fino in fondo significa trovarsi davanti al cancello dell’omonimo Castello, sulla punta estrema dell’isola.

La moto non può che girare a sinistra per continuare il suo periplo sul lungomare di levante. Si guida e si scorgono, lungo un percorso incredibilmente affascinate, le tracce della storia di un’isola. Il lido sul mare aperto, i bastioni, il forte Vigliena, le terrazze, il grande parcheggio Talete e, infine, il porto piccolo, il molo Santa Lucia, le barche a vela, l’antica officina dei calafatari siracusani che con grande arte e maestria costruivano a mano le loro barche… sono lì a portata di sguardo.

Altro giro dell’isola: primo itinerario a piedi

Passiamo perpendicolarmente al ponte umbertino. All’altezza del nuovo ponte, il Santa Lucia, imbocchiamo nuovamente Via dei Mille, pronti per raggiungere le sponde del porto grande e il parcheggio di Porta Marina.

È un parcheggio dedicato alle moto, gratuito e sicuro per i mezzi a due ruote. Un luogo ormai mitico per posteggiare le moto e fare un giro a piedi per l’isola.Tracce su un'isola, Ortigia

In realtà per girare tutta l’isola occorrono diverse ore, tante sono le bellezze che racchiude. La migwè ebraica, il tempio sotterraneo, il quartiere della Giudecca, l’antico teatro della città. Dal misterioso Castello Maniace, all’acquario con i pesci tropicali, agli alberi (ficus) giganti di fronte alla spiaggetta accanto alla Capitaneria di Porto, alla fonte Aretusa dove Alfeo continua ancora oggi ad inseguire la ninfa ribelle… è un susseguirsi di sorprese improvvise.

Faremo una prima passeggiata veloce, per gustarci il primo itinerario dentro i misteri di quest’isola dove si sovrappongono architetture, culture, sapori e colori.

Lasciamo la moto. Passiamo sotto la porta catalana (Porta Marina) e i imbocchiamo a sinistra Via dell’Amalfitania, uno stretto vicolo in salita. Arrivati in cima al vicolo voltiamoci indietro: la vista del mare ci ripaga della fatica dell’arrampicata.

All’angolo un bar con le delizie pasquali siciliane: gli agnelli pasquali di marzapane, i cuori di pasta di mandorle, le uova di pasqua decorate alla maniera nostra, senza involucro: la bellezza sta tutta negli ornamenti e nei colori tutti siciliani.

In cima alla strada volgiamo lo sguardo a destra e affacciamoci su uno dei più bei salotti siciliani: Piazza Duomo.Tracce su un'isola, Ortigia

La cattedrale, ex tempio di Athena, conserva le colonne ai lati. Davanti, quasi come un puzzle, ha un frontone barocco che trasforma il tempio in qualcosa di unico, speciale.

Poco più avanti il giardino pensile dell’arcivescovo sembra strizzare l’occhio alle incredibili decorazioni del palazzo di fronte, già museo archeologico.

Accanto alla chiesa di Santa Lucia alla Badia, dov’è custodito uno degli ultimi dipinti di Caravaggio, scendiamo giù verso il mare, vero la fonte Aretusa. E’ piuttosto insolito il cielo nuvoloso.

Questa fonte rivive, tutti i giorni, il dolcissimo mito di questi due innamorati – Alfeo e Aretusa –  che alla fine, volenti e nolenti si ritrovano legati per sempre.

Si viene rapiti dalla bellezza del colore del mare del porto grande. Il verde cristallino dell’acqua, è più cupo, risente delle nuvole che attraversano veloci il cielo.

Il rumore dei  passi viene sovrastato da un cinguettio potente di centinaia di uccellini. Non serve guardare in altro per vederli, bisogna guardare verso il basso. Sotto la strada i possenti rami di quattro ficus secolari accolgono, tra le foglie, centinaia di “becchi musicali”. Un concerto potentissimo!

Una bella sgambata sul lungomare di ponente mi riaccompagna a Porta Marina e alla mia moto che mi attende tranquilla per il prossimo raid.

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