Ormai la “fame” di moto tipo adventure è tale che le Case sono costrette ad inventarsi mille allestimenti diversi per soddisfare tutte le esigenze. Fino ad arrivare al punto, come ha fatto Honda con l’ultima Africa Twin 1100, di proporne anche una versione “Urban”.
Honda Africa Twin 1100 Urban. Perché una adventure in versione “cittadina”? È sotto gli occhi di tutti che la stragrande maggioranza delle cosiddette “adventure” non vengono usate nel loro ambiente d’elezione (i grandi spazi, i viaggi avventura, o i percorsi fuoristrada). Se così fosse, infatti, vorrebbe dire che l’Europa è ormai una regione dell’Africa Centrale, per quante adventure sono state vendute negli ultimi dieci anni. No, la realtà è che le “adventure”, proposte ormai in ogni salsa, in ogni fascia di cilindrata e con ogni tipo di allestimento, hanno successo perché in genere sono moto piacevoli, comode e divertenti. Sono cioè moto “totali”. Che oggi attirano una grande massa di motociclisti anche perché sono di moda. E fra i tanti che ne vengono stregati, ognuno ha l’esigenza di “allestire” la adventure in base ai suoi bisogni quotidiani o alle sue voglie.
In più, aggiungiamo il fatto che la vastità dell’offerta messa in campo dalla concorrenza costringe le Case, anche quelle “leader”, a inventarsi ogni giorno nuovi pacchetti di accessori per confezionare moto allettanti, nel prezzo e nell’allestimento. Ecco quindi spiegata la dicotomia di una Honda Africa Twin 1100 in versione “Urban”. I due termini sarebbero antitetici, ma non nel linguaggio commerciale del motociclismo moderno.
E poco importa che, in fondo, l’unico elemento realmente “urban” di questo allestimento speciale dell’Africa Twin 1100 sia il portapacchi con annesso bauletto. Che la rende molto fruibile nel diporto quotidiano per riporre il casco o trasportare oggetti di uso comune. Il parabrezza maggiorato che completa il pacchetto, infatti, sarebbe più da viaggio che da città. Così come i paramani, le pedane da fuoristrada e le protezioni del motore, altri optional che abbiamo trovato sull’esemplare in prova. Esemplare che è anche equipaggiato con il cambio automatico DCT. Questo sì molto comodo in città…
Una cosa è sicura. Nel “mare magnum” del mondo “adventure” o “maxi enduro” che dir si voglia, l’Africa Twin è probabilmente l’unica moto che non scimmiotta in alcun modo la BMW GS. Anche perché è l’unica che può permetterselo… Chi ha la memoria abbastanza lunga, ricorderà che in fu proprio la Honda la prima a lanciare la sfida a BMW nella categoria delle maxi enduro bicilindriche, presentando al Salone di Parigi del 1987 la prima, leggendaria, Africa Twin 650. E per gran parte degli anni ’90, con tutte le diverse versioni Africa Twin 750 che si susseguirono, fu anche la più convinta sostenitrice (sempre insieme alla BMW) della possibilità di traghettare la categoria dal fuoristrada al turismo.
Poi, inspiegabilmente Honda abbandonò questo orticello del mercato proprio quando BMW fu pronta a raccogliere successo e consensi sempre più larghi con la R 1050 GS. Il resto è storia recente: la Honda è tornata sui suoi passi nel 2016 ma non copiando pacchianamente la BMW (come fanno ormai quasi tutti).
Lo ha fatto con una moto fedele ai dettami delle Africa Twin progenitrici. La nuova Africa Twin 1000, e ora questa versione 1100, è quindi “agile” allo sguardo tanto quanto poi si rivela alla guida. Tiene fede al dettame originario della ruota anteriore da 21” e sfoggia linee semplici, tese, quasi “crossistiche” nella forma del serbatoio, della lunga sella e dei convogliatori laterali del radiatore. Merito anche delle grafiche azzeccate e del nuovo cupolino che risulta ancora più filante che in precedenza, soprattutto se la si guarda nella versione standard, quella con il plexiglass basso.
Questa versione Urban viene solo leggermente “appesantita” dal voluminoso bauletto e dal plexiglass più alto, ma rimane comunque quella con il look più snello, moderno e sportivo rispetto a tutte le concorrenti di categoria.
L’esemplare che ci è stato fatto provare ha alcuni optional che ne accrescono il livello base delle finiture. Ci sono infatti la griglia “racing” a protezione del radiatore (200 Euro) , le pedane del pilota di tipo “rally” (100 Euro), i tubolari cromati a protezione del motore (240 Euro), e le estensioni per i paramani al manubrio. Ma anche senza tutti questi elementi, il giudizio sarebbe comunque positivo.
Dal punto di vista “tecnico” è una Honda di quelle “vere”, cioè costruite in Giappone, e lo si vede nella precisione degli accoppiamenti, nella cura dei dettagli e nella semplicità costruttiva. Anche dove si capisce che la Honda ha messo insieme qualche “risparmio” nella componentistica e nei materiali (tendenza ormai generalizzata su tutte le moto di tutti i marchi da molti anni), lo ha fatto sempre mettendo sull’altro piatto della bilancia una maggiore funzionalità e/o senza ridurre il rapporto totale qualità/prezzo.
Gli unici appunti, se vogliamo essere pignoli, possiamo muoverli alla sella. O meglio, al sistema di ancoraggio della stessa al telaio, che non è il massimo per praticità quando si tratta di togliere o rimettere la porzione di sella del pilota e/o regolarne l’altezza sulle due posizioni offerte. Sempre in tema di finiture, non possiamo dire che il bauletto sia il massimo per una moto di questa classe. è molto “plasticoso” nell’aspetto e nei materiali utilizzati. Però funziona bene e non è caratterizzato da infiltrazioni d’acqua anche se stressato dalle “lance” del lavaggio.
La moto da noi provata è la versione DCT, con cambio automatico doppia frizione. Quindi fra i comandi mancano la leva frizione al manubrio e quella del cambio. Al manubrio c’è però la leva del freno a mano, con il classico sistema di blocco/sblocco di derivazione scooteristica. Ma pur in assenza della leva frizione, la mano sinistra sarà sempre impegnatissima perché ha da gestire un blocchetto elettrico che non ha niente da invidiare alla “consolle” di un jet da combattimento.
Tanti pulsanti, a cui si aggiungono anche quelli (per fortuna meno) sul blocco di destra, e tante cose da imparare. Prima ancora di salire in sella bisogna seguire un corso accelerato di ingegneria elettronica… e potrebbe non bastare ad essere disinvolti nell’uso di tutti i comandi disponibili, soprattutto in questa versione DCT che aggiunge all’elenco delle cose da imparare anche le funzionalità del cambio. Una cosa che abbiamo notato, ad esempio, dato l’affollamento dei pulsanti a sinistra, è il non intuitivo azionamento degli indicatori di direzione. la slitta non è esattamente dove vorresti trovarla con il pollice.
Pedane E levE del freno anteriore e posteriore invece sono esattamente dove serve e si gestiscono in modo del tutto naturale. Un grande plauso va senza dubbio all’esteso manubrio con le estremità incurvate in modo perfetto per piloti di ogni taglia.
Il nuovo, ricchissimo e ampio pannello TFT (con funzionalità attivabili anche via touchscreen) migliora alcune delle problematiche che avevamo segnalato sulla vecchia strumentazione, ma non le risolve del tutto. Ora fortunatamente se si guida con sole a picco o alle spalle, si riescono comunque a vedere le informazioni riportate sul pannello. Ma nelle condizioni “difficili” appena descritte la luminosità non è quella che ti aspetteresti da una moto di questa classe. La leggibilità della strumentazione risulta molto più intuitiva che sul vecchio modello.
Non solo per merito dei “colori”, ma proprio per una migliore organizzazione della grafica. Che però non consideriamo ancora al top. Da sottolineare che questa nuova strumentazione permette l’abbinamento via bluetooth con gli smartphone di ultima generazione, ma per avere la possibilità di accedere alle funzioni del telefono tramite lo schermo, bisogna comunque collegare il telefono alla presa USB che è a destra della plancia di comando.
La funzionalità touchscreen rende anche un pò più semplice l’utilizzo delle vastissime possibilità di regolazione offerte dalla nuova elettronica che sfrutta anche la piattaforma inerziale a sei assi.
Il pilota può scegliere sei diversi programmi di guida: Giro Turistico, Urban, Ghiaia e Fuoristrada sono già impostati ma modificabili. Poi il pilota può costruirsene altri due personalizzati. Ci sono poi tre diverse impostazioni base della grafica del pannello TFT: Oro, Argento e Bronzo. La più completa (ma anche la più “dispersiva”) è la Oro, impostata di default per la modalità “Giro Turistico”. Argento e Bronzo invece limitano al minimo le informazioni visualizzate. E sono le schermate base delle modalità Urban e Ghiaia. In aggiunta al pannello TFT, la strumentazione dell’Africa Twin è completata da un elemento separato LCD che visualizza tutte le classiche spie luminose e le informazioni base come tachimetro e contachilometri.
Praticamente perfetta. Difficile trovare una concorrente dell’Africa Twin che possa batterla da questo punto di vista. Come tutte le Honda di qualunque categoria, riesce a realizzare il miracolo di essere accogliente e ben gestibile da piloti di tutte le taglie. E questo a prescindere da quale delle tre selle disponibili si scelga. Standard, alta o bassa, tutte permettono di essere montate su due altezze diverse.
870 o 850 mm la standard, 845/825 quella bassa e 895/975 quella alta. Ma tanto per far capire meglio il concetto, con la sella standard montata a quota 870 si tocca terra con entrambi i piedi anche se non si è alti. E questo è possibile perché nel punto vita l’Africa Twin è stretta come poche altre.
Stesso discorso per il manubrio, che offre un controllo totale da seduti e permette una guida fluida e disinvolta anche quando si affronta il fuoristrada in piedi sulle pedane.
Anche la relazione fra sella e pedane è molto confortevole. Insomma, la nuova Africa Twin conferma quanto di buono avevamo già annotato per la precedente versione, con in più una sella più stretta fra le cosce che permette una ancora maggiore libertà di movimento e una “presa” dell’interno coscia sul serbatoio più confortevole.
Anche il “secondo” a bordo non ha proprio di che lamentarsi sull’Africa Twin. Superato lo “scoglio” del bauletto che complica un po’ l’accesso a bordo, il passeggero gode di una seduta ampia, di pedane poste ad una altezza molto confortevole e di estese maniglie dalla presa agevole ricavate sulla struttura in lega che supporta il bauletto. E con il cuscino sulla parete del bauletto fa anche pensare di essere su una maxi tourer. Insomma, L’unica fatica che deve fare il passeggero è salire in sella ad una altezza che sulle adventure non può mai essere ridotta.
Parlare di comfort per questa (come per la precedente) Africa Twin vuol dire parlare di due aspetti importanti. Uno è il comfort in senso letterale. L’altro è il comfort mentale generato dal fatto di guidare una moto equilibrata e funzionale. E la somma di questi due fattori raggiunge su questa moto punte di eccellenza.
La posizione di guida, come detto, è centrata e mette subito di buon umore. Nonostante vista da fermo l’Africa Twin sia una moto imponente, quando si è in sella ci si chiede se la cilindrata sia davvero 1100… Potrebbe essere una 750 e non ci si scandalizzerebbe. A questo approccio si somma la buona protezione aerodinamica garantita alle gambe dal serbatoio e al busto dal cupolino alto. Anche viaggiando ben oltre i ritmi da ritiro della patente non si creano turbolenze fastidiose per pilota e passeggero. E naturalmente busto e spalle sono sempre ben protetti.
Un aspetto importante per i viaggiatori è che il calore generato dal motore non arriva mai alla zona dell’interno cosce. Quando si viaggia in autostrada con temperature ambientali sopra i 30 gradi si sente solo un po’ di calore all’altezza del piede destro. E nel traffico cittadino, sempre in condizioni “difficili”, al massimo il calore arriva sulle ginocchia. Ma in uno come nell’altro caso senza mai raggiungere livelli fastidiosi.
Per quanto riguarda le vibrazioni, dobbiamo tessere altre lodi. Su questa moto più che di vibrazioni si potrebbe parlare di “massaggi” che il motore, con il suo sound e il suo farsi sentire “vivo”, trasmette al pilota all’altezza di pedane e piano di seduta, facendolo sorridere.
C’è però una cosa che rovina il piacere del viaggio. Il riflesso che il manubrio e la palpebra parasole della strumentazione creano sul cupolino. Questo parabrezza optional è molto alto, e ci si trova spesso a guardare attraverso il plexiglass anziché “sopra”. E con questo riflesso costante la cosa è molto fastidiosa. Quindi, se se non siete alti un metro e ottanta, sconsigliamo vivamente l’acquisto e l’uso di questo optional sulle Africa Twin che non hanno il parabrezza regolabile.
Comodo e intuitivo da azionare, invece il cruise control, molto utile nei lunghi trasferimenti.
Il nuovo bicilindrico Honda Euro 5 mantiene ciò che promette. Cioè un po’ di brio in più rispetto alla vecchia versione, e anche una minore rumorosità allo scarico. Questo non vuol dire che abbia perso la sua piacevole personalità nella risposta ai comandi del gas. Da usare questo bicilindrico parallelo è un vero piacere. Con l’ultimo rapporto inserito riprende docile già da poco meno di 2.000 giri. Poi dai 2.500 è subito regolare e corposo nella spinta che si fa sempre più vigorosa di lì fino ai 5.000-5.500 giri. Sarebbe già più che sufficiente così per fare tutto quello che puoi chiedere alla CRF1100. ma invece di lì in poi hai almeno altri 2.000 giri di “schiena” utili per andare a cercare un divertimento e prestazioni fuori codice!
Gran motore, davvero, anche se non è il principe di categoria per la coppia (e la potenza) espressi. È guidando L’Africa Twin, comunque, che ti rendi conto di quanto, nella vita reale, siano praticamente inutili tutti i cavalli che molte concorrenti stanno continuando ad aggiungere a questo tipo di moto. Buoni solo per il divertimento di qualche minuto dei piloti esperti o per mettere sempre Più in soggezione i piloti meno “navigati”. Il bicilindrico Honda invece va bene per tutti. Piace anche per la fluidità di erogazione e per la sua dolcezza, sempre accompagnata da un rumore allo scarico gratificante, anche se è addirittura più educato del predecessore.
Diciamo che dai 2 ai 5.000 giri ha tutto quello che serve per la guida quotidiana e anche per il turismo a medio e largo raggio in coppia. E dai 5.000 fin quasi agli 8.000 indicati ha quei 3.000 giri di birra spumeggiante per quando ci facciamo prendere dal Peter Pan che è in noi.
La nuova Africa Twin si è dimostrata anche leggermente più parca nei consumi rispetto al vecchio modello. Con una andatura turistica da autostrada o da superstrada (velocità costante, facendo magari affidamento anche al comodo cruise control che è di serie sulla versione DCT da noi provata) non è affatto difficile percorrere i 20-21 km/litro. Traguardo che si può anche superare nei percorsi extrarbani dove la velocità media scende a 60-70 km/h. E pure in città i 15-16 km/litro sono sempre abbondantemente garantiti. A meno che non si voglia abusare del gas alla ricerca di prestazioni fuori luogo nei sorpassi e nelle ripartenze dai semafori. L’autonomia in viaggio supera i 350 km, ma non arriva a 400 se non rallentando il passo.
La moto da noi provata era equipaggiata con il cambio Honda doppia frizione DCT, nella sua ultima evoluzione che lo vede abbinato alla piattaforma inerziale a sei assi. E quindi è stato riprogrammato (a dire degli ingegneri Honda) anche per evitare quei fastidiosi cambi marcia in curva che nella modalità “D” hanno sempre reso poco piacevole questo cambio. In realtà, pur apprezzandone la dolcezza e la velocità di intervento, continuiamo a non gradire affatto la modalità D (Drive). Ci si trova dalla prima alla sesta in pochi metri, Quindi si vive sempre l’effetto “scooterone con il gas in rilascio”, perché la marcia è sempre troppo lunga rispetto alle esigenze e alle abitudini del motociclista medio.
E a dire il vero non abbiamo notato grandi differenze di comportamento in curva rispetto alla vecchia versione. Insomma, la modalità “D” può andare bene solo se usata nelle passeggiate veramente rilassate a bassa andatura. O in autostrada una volta che si è inserito il cruise control.
In tutte le altre situazioni si deve usare la modalità “S” (Sport) al secondo o meglio ancora al terzo livello. Il primo infatti non è molto diverso dalla “D”.
E quando ci si vuole divertire è comunque meglio usarlo in modalità manuale, agendo sui pulsanti + e – che si trovano sul blocchetto elettrico di sinistra, azionabili con pollice e indice. La funzionalità del cambio automatico Honda è comunque fuori discussione. Lavora veloce, silenzioso e “morbidissimo” nel passaggi di marcia. E quando è in “S” al terzo livello tiene bene la marcia quando si molla il gas alla ricerca del freno motore. Insomma, fatta l’abitudine a non poter usare la frizione, è un gran bel gadget. L’unico problema è appunto abituarsi a non avere la frizione in quelle situazioni in cui si è sempre portati a cercarla. Come ad esempio in partenza, nelle manovre da fermo o nel traffico a bassa velocità.
Leggera, agile, facile, neutrale, divertente. In questi quattro aggettivi si può racchiudere il “pensiero” relativo alla guida dell’Africa Twin 1100. Come già sottolineato, a dispetto dell’imponenza che mette in mostra (soprattutto nella vista frontale in pieno stile dakariano), l’Africa Twin è una adventure agile e snella. Se gli togliessimo la carenatura potrebbe essere tranquillamente una grossa enduro specializzata.
Quindi è una moto relativamente facile da manovrare da fermo, piacevolmente agile ed equilibrata nelle manovre a bassa velocità (inversioni ad U e traffico urbano sono facili da affrontare) ma anche solida e concreta nella guida veloce su strada. La ruota anteriore di 21” la fa sembrare una bicicletta nel misto, anche se naturalmente bisogna sempre ricordare che questo tipo di moto soffre di un naturale sottosterzo generato dal passo lungo (1.575 mm di interasse non sono pochi). Quindi non si possono pretendere inserimenti in curva fulminei e cambi di direzione da supersportiva.
Ma anche grazie alla scelta (azzeccata) di pneumatici di sezione non esagerata, l’agilità e la facilità di guida sono veramente due medaglie d’oro che l’Africa Twin può appuntarsi al petto. E sul veloce l’Africa Twin mantiene rigorosa la traiettoria anche guidando “molto” veloci. Si tratta insomma di una moto rassicurante, efficace e divertente. Senza ombra di dubbio la migliore scelta per chi si vuole avvicinare alla categoria ma è spaventato dai pesi e dalle moli che ormai imperversano in quasi tutte le proposte. Già, il peso: L’Africa Twin sulla bilancia denuncia dai 20 ai 30 chili in meno in assetto di marcia rispetto alle concorrenti… E non sono pochi! E la differenza si sente tutta nella guida.
Le sospensioni Lavorano egregiamente. La forcella (fra l’altro regolabile in tutte le funzioni) piace per la risposta morbida nella prima parte di escursione, ma anche per la solidità che mostra quando le sollecitazioni dell’asfalto o le pinzate del pilota la chiamano ai compiti più gravosi. Al pilota arrivano sempre reazioni ovattate ma sincere. E questo vale anche per il posteriore. Il ché rende davvero facile la guida. Ad aiutare il pilota ci pensa pure una sezione elettronica che più sofisticata di così si più trovare solo sulle supersportive da pista.
Nel primo mese di utilizzo della moto vi scoprirete spesso a giocare con le regolazioni elettroniche scegliendo fra le quattro diverse modalità di guida preimpostate (Giro Turistico, Urban, Ghiaia e Fuori Strada) o addirittura a realizzare quelle personalizzate che permettono di “giocare” con tutte le funzioni: potenza erogata, controllo di trazione, controllo impennata, oppure l’ABS disinseribile al posteriore e il controllo della frizione (la funzione G), entrambi utili per la guida in fuoristrada. Ma poi nella guida di tutti i giorni scopri che l’impostazione “Giro Turistico” va bene un po’ per tutto.
Nel fuoristrada leggero l’Africa Twin conferma la sua attitudine da “leader” della categoria. La distribuzione dei pesi è molto equilibrata e la si domina facilmente sia nella guida in piedi che da seduti. La lunga sella piana e i fianchi stretti aiutano molto in questo contesto, così come sono di grande aiuto la dolcezza del motore e le infinite possibilità di regolazione della gestione elettronica. Ciò che su strada, infatti, si rivela più che altro un bel gioco, in fuoristrada può aiutare molto di più il pilota a cavarsela al meglio in molte situazioni.
La nuova Africa Twin non è una moto dalla staccata mozzafiato. E nella versione DCT soffre anche del fatto di non poter contare più di tanto sul freno motore come aiuto nelle decelerazioni violente. A meno che non si decida di usare il cambio nella modalità manuale o in S III. Ma anche usandolo in manuale, la centralina non accetta scalate troppo “violente” per il motore…
Però la risposta alle sollecitazioni del doppio disco anteriore è pastosa, graduale e perfettamente calibrabile, oltre che bene accompagnata dal sostegno della forcella nelle pinzate più decise. Oltre che, naturalmente, abbastanza potente da non far mancare mai tutto quello che serve al pilota come potenza decelerante. Utile e sfruttabile anche il disco posteriore, che in città e nel turismo si fa carico di una buona dose di lavoro. E naturalmente si fa apprezzare per l’ABS disattivabile (solo al posteriore) dagli amanti del fuoristrada “divertente”.
Su questo genere di moto c’è solo l’imbarazzo della scelta… nella guida “a solo”, oltre al capace bauletto si possono sfruttare l’ampia porzione di sella posteriore e le predisposizioni per i ganci degli elastici per trasportare bagagli anche consistenti, prima di dover ricorrere alle borse laterali. accessori per le quali L’Africa Twin è naturalmente predisposta. Dal punto di vista della capacità di carico, l’unico appunto che le si può muovere è la difficoltà di applicare borse da serbatoio universali, a causa dello sviluppo praticamente verticale dello stesso. In questo caso è consigliabile acquistarne uno predisposto per questo modello.
I nuovi fari a LED, oltre che un aspetto più moderno e aggressivo, e oltre alla comodità della funzione automatica DRL che accende le luci quando serve, regalano all’Africa Twin un bel fascio profondo e luminoso nella guida notturna. Elemento questo indispensabile per i grandi viaggiatori. Che potranno anche accedere al faretti LED supplementari venduti come optional da Honda stessa.
La “nostra” Africa Twin CRF1100 L DCT Urban costa 16.090 euro esclusi gli optional che vi abbiamo già elencato. Il prezzo della moto base senza DCT è di 14.990, che sale a 15.990 con il DCT. In tutti i casi si tratta di una moto enormemente più economica rispetto alle tre rivali più agguerrite: BMW GS, Ducati Multistrada e KTM Super Adventure. Che costano dai 3 ai 4.000 Euro in più a parità di allestimento. Una differenza assolutamente ingiustificabile se il giudizio si deve basare sul rendimento, sull’affidabilità, sulla fruibilità e sulla soddisfazione globale che le varie moto possono regalare al proprietario.
Così come è assolutamente non giustificabile il fatto che la Triumph Tiger 1200 costi abbondantemente di più dell’Africa Twin. Solo la nuova Suzuki V-Strom 1050 e la Yamaha 1200 Super Ténéré sono più abbordabile della bicilindrica Honda. Insomma, in poche parole, il rapporto qualità/prezzo dell’Africa Twin è imbattibile rispetto a tutte le concorrenti più o meno dirette di mercato. E in molti casi anche qualunque altro termine di paragone la vede vincente…
Ma quali sono le concorrenti, e quali i pregi/difetti dell’Africa Twin 1100 nei loro confronti?
Ecco una nostra personalissima analisi/confronto in ordine alfabetico. Con l’avvertenza che alla voce prestazioni se ne giudica l’insieme. Quindi tenendo conto delle prestazioni motoristiche e di quelle ciclistiche.
Africa Twin 1100 Vs BMW R1250GS
- Estetica/dotazione alla pari.
- Prestazioni a vantaggio BMW.
- Fruibilità a vantaggio Honda.
- Rapporto qualità/prezzo a vantaggio Honda.
Africa Twin 1100 Vs Ducati Mulstistrada 1260
- Estetica/dotazione alla pari.
- Prestazioni a vantaggio Ducati.
- Fruibilità a vantaggio Honda.
- Rapporto qualità/prezzo a vantaggio Honda.
Africa Twin 1100 Vs KTM 1290 Super Adventure R
- Estetica/dotazione a vantaggio Honda.
- Prestazioni a vantaggio KTM.
- Fruibilità a vantaggio Honda.
- Rapporto qualità/prezzo a vantaggio Honda.
Africa Twin 1100 Vs Suzuki V-Strom 1050
- Estetica/dotazione a vantaggio Honda.
- Prestazioni alla pari.
- Fruibilità a vantaggio Honda.
- Rapporto qualità/prezzo alla pari.
Africa Twin 1100 Vs Triumph Tiger 1200 XR
- Estetica/dotazione a vantaggio Honda.
- Prestazioni a vantaggio Triumph.
- Fruibilità a vantaggio Honda.
- Rapporto qualità/prezzo a vantaggio Honda.
Africa Twin 1100 Vs Yamaha XT 1200 Z Super Ténéré
- Estetica/dotazione alla pari.
- Prestazioni alla pari.
- Fruibilità a vantaggio Honda.
- Rapporto qualità/prezzo a vantaggio Honda.
Insomma, è abbastanza facile capire perché l’Africa Twin è l’unica adventure che si può permettere di infastidire sua maestà BMW GS.