Motospia

Le Motoemozioni di Marianna

Marianna è un ossimoro vivente. Dolcissima, tosta e determinata. Allegra, eppure serissima su certi fronti. La sua storia è bella e va oltre il personale, coinvolgendo gente e… motori.

Le Motoemozioni di Marianna Gellera. Marianna classe 1982 è un tecnico dell’educazione e della riabilitazione psichiatrica e psico-sociale (TERPP), referente organizzativo di una comunità socio sanitaria e di un centro diurno per persone con disabilità (psichica, intellettiva e relazionale).

Dovendo organizzare un open day presso il suo istituto, una sera le è balenata in mente l’idea di farlo… con le moto!

Così, coinvolto il marito, ha dato vita ad una grande iniziativa!

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Marianna Gellera con il marito

 

Marianna, come ti sei accostata al motociclismo?

La mia famiglia mi ha ostacolata finché, nel 2015, non ho deciso di fare il salto dalla sella posteriore a quella anteriore.

Mio marito mi ha regalato la mia prima moto, una Yamaha XT 660, con cui ho scoperto l’emozione della guida! E poi, “Titu”: una F700 GS della BMW.

Tuo marito compartecipa al tuo progetto, ma è anche un amministratore de Il Bar dell’Elica. Qual è il tuo ruolo?

Nessuno! Una semplice socia, bonariamente ribattezzata la “First Lady”.

Marianna, vuoi parlarci del progetto di Motoemozioni “Mettiamoci in moto per e con loro”?

Volentieri!

Il progetto nasce dalle esperienze personali e lavorative, mie e di mio marito. Siamo riusciti ad abbattere barriere e retaggi culturali che tendono a confinare chi soffre di certe patologie, come se incapaci di fare altro o di provare emozioni come noi.

Chi vive in strutture protette non ha le stesse possibilità dei normodotati: le due-ruote sono l’escamotage per penetrare questo invisibile muro.

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Come si svolge in concreto una giornata di Motoemozioni da voi organizzata?

Il lavoro inizia dietro le quinte attraverso l’opera di persuasione dei responsabili delle strutture; oggi abbiamo ormai un format abbastanza rodato. Si prevedono attività varie: laboratori, giochi… e, ovviamente, un giro in moto! Non senza le protezioni adeguate, ovvio.

Il motociclista ha l’animo solidale e socievole. Anche i pazienti più reticenti e spaventati, dopo il primo giro, non volevano più scendere, come se fosse la cosa più bella e normale del mondo!

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E… i feedback per le Motoemozioni di Marianna?

Fortunatamente, positivi! Specialmente da parte dei familiari. Tra tutti, il fratello di un ospite ricoverato da oltre quarant’anni. A fine giornata, commosso, ci ha confidato – testuali parole- : “Penso che questa sia la giornata più bella della vita di mio fratello… l’ho sempre visto piangere, urlare e disperarsi. Oggi ho scoperto che sa anche sorridere ed essere felice”.

Ogni volta l’entusiasmo e i risultati portano tutti a chiederci di replicare, talvolta pianificando di anno in anno.

Ad ogni adesione segue immediatamente la creazione di un evento su Facebook. Il web e il passaparola sono fondamentali, nella loro semplicità, raggiungendo il cuore di gruppi e motoclub.

Sicuramente anche il Bar dell’Elica è un ottimo veicolo. Siamo stati contattati pure da altre realtà, non solo socio/sanitarie, ma anche legate al mondo della scuola.

Al momento abbiamo preso in considerazione solamente strutture private convenzionate, tuttavia siamo in attesa di responso da parte di alcune strutture pubbliche.

Hai mai pensato di istituzionalizzare “le Motoemozioni di Marianna” rendendole più organica e strutturata?

Purtroppo non è possibile. In Italia si parla di mototerapia” dal 2009 quando Vanni Oddera, pilota di freestyle, ha coinvolto il team dei DaBOOT in spettacoli per ragazzi con disabilità.

Tuttavia ancora non si riconosce l’utilizzo della moto come strumento terapeutico all’interno della pratica riabilitativa.

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Dove reperisci i fondi?

Noi ci rifiutiamo di chiedere denaro: ciò che cerchiamo è un aiuto pratico. In primis, i piloti! Con moto possibilmente… rumorose!

Abbiamo però dei benefattori che ci omaggiano di vari beni, tipo le coppe per il concorso fotografico “Motomodello per un giorno” cui si è unita qualche azienda nazionale, donandoci dei gadgets. E poi, la band! Ci segue dalla prima edizione e si prenota per tutte le successive.

Quindi alla tua domanda rispondo… “E dei soldi cosa ce ne facciamo con tutte queste vere risorse?”

L’unica eccezione riguarda le magliette che piloti e ospiti colorano, durante un laboratorio chiamato “Lascia la tua impronta utilizzando la mia ruota”.

Questi hanno la possibilità di colorare delle t-shirts con i copertoni delle ruote delle moto o delle carrozzine.

Alla fine i partecipanti possono tenerle e sta alla loro discrezione lasciare un obolo, da noi reinvestito in materiale.

A proposito di fondi… Qual è l’impegno del SSN in merito?

In psichiatria si parla di riabilitazione ma ben poco di guarigione. Per questo motivo le risorse, già minime, sono ridotte rispetto alle altre specialità di medicina.

E il logo?

Il logo è una mia invenzione. Volevo che fosse davvero rappresentativo dei due mondi.

La disabilità era facile da dipingere, ricalcando la silohuette di una persona in sedia a rotelle. Sul web mi sono poi imbattuta nell’immagine di un motociclista che impenna e di una ragazza in carrozzina. Rielaborando le figure ho ottenuto quella che vedi.

Mi piaceva l’idea del fumetto che lasciasse alla fantasia di tutti l’attribuzione di un volto o di un modello di moto.

E le impronte delle gomme… appartengono ai due “mezzi” ed è chiaro il riferimento al nostro laboratorio “Lascia la tua impronta utilizzando la mia ruota” di cui ho parlato proprio poco fa!

Quando dove e come il prossimo Motoemozioni !!!

Il 1 giugno 2019 c/o l’istituto di riabilitazione psichiatrica Sacro Cuore dell’Ordine dei Fatebenefratelli a San Colombano al Lambro (Mi).

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