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Le comunità albanesi in Sicilia. Parte prima: Contessa Entellina

contessa entellina

Diversi angoli del nostro Paese ci ricordano che le migrazioni del passato sono parte integrante della nostra attuale identità. In Sicilia, ad esempio, ci sono antichi insediamenti albanesi. Una buona scusa per organizzare un viaggio in più tappe. Partiamo da Contessa Entellina

Atto primo, scena prima, interno giorno: ci si sveglia placidi la domenica mattina, con febbraio che regala l’ennesima giornata primaverile. Nessun impegno, nessuna pressione. In queste condizioni, l’automatismo di accendere la tv per sentire le notizie è quasi sempre un errore madornale. Anche oggi non fa eccezione. L’attualità dei telegiornali è un continuo discutere di migrazioni, in toni spesso allarmanti che evidenziano il pericolo della perdita d’identità culturale del nostro popolo. Dimenticando però un piccolo dettaglio. Cioè che la nostra importante identità è il frutto di una miriade di migrazioni precedenti, che erano attualità, poi sono state digerite e sono diventate storia. Sono diventate parte di noi. Come Ad esempio Contessa Entellina, in Sicilia.

Le lunghe migrazioni che hanno caratterizzato il passato della Sicilia sono un ottimo stimolo per una giornata di mini touring lontano dalle classiche rotte turistiche.

La Sicilia, per la sua posizione al centro del Mediterraneo, ha una millenaria esperienza di migrazioni ed invasioni, sia pacifiche che decisamente ostili. Mentre affondo in queste riflessioni, un suono improbabile mi avvisa della ricezione di un messaggio WhatsApp. Ancora con il pensiero sul terrorismo mediatico e sulle migrazioni, prendo il telefono. Mi accorgo che il mittente è un caro amico calabrese, persona di grande cultura e proporzionale acume, il cui padre era uno studioso degli insediamenti e della cultura albanese in Italia. Sorrido per il messaggio ricevuto, ma anche perché è bello quando il destino parla chiaro. Soprattutto se dice ciò che voglio sentire. Sommare Whatsapp alle parole del TG ed alla limpida giornata di sole è un’operazione semplice e dal risultato scontato: si esce in moto per visitare un paio di paesi che sono antichi insediamenti albanesi in Sicilia occidentale.

contessa entellina
Kuntisa sulle colline Brinjat.

Strade che non vedono manutenzione da tempo e percorsi lenti e panoramici rendono naturale la scelta del mezzo: giornata di mini touring sulla Honda CB 125 F.

Poiché ho tempo a disposizione e le distanze non sono siderali, anche la scelta della moto è lineare: la Tracer GT resta in garage, oggi la mia compagna d’avventure sarà la CB 125 F. Va bene, lo ammetto: il fatto che le strade che percorrerò sono un campionario di buche ha un ruolo nella decisione. Fuggo dal paese che non sono ancora le 9, l’aria è gelida ma tersa. In un batter d’occhio – che, trasposto in ottica CB, significa alcuni minuti – sono fuori paese e punto verso la SS624 Palermo-Sciacca. Scarto l’idea di visitare Piana degli Albanesi, che immagino molto affollata, come in ogni domenica di sole, dai palermitani in gita alla ricerca dei famosi cannoli locali. Scelgo invece di staccarmi dagli itinerari usuali ed esco dalla statale allo svincolo di Poggioreale. Voglio raggiungere Contessa Entellina, il più antico insediamento albanese d’Italia.

contessa entellina
La mia compagna di mini touring.

La prima meta di oggi mi porta lontano dai gitanti della domenica, verso l’interno della Sicilia ed il primo delle decine di insediamenti albanesi in Italia: Contessa Entellina.

La vista è appagata dal verde del frumento in crescita, qua e là interrotto da nuvole bianche di mandorli in fiore. Pecore e mucche pascolano in un silenzio che la CB è troppo educata per turbare. Mi sento parte di un quadro che non dev’essere troppo diverso da quello che i profughi albanesi, fuggiti di fronte all’invasione ottomana, si trovarono davanti agli occhi a metà del XV secolo. Honda 125 a parte, beninteso. Hondina che, per inciso, si comporta in maniera egregia su queste strade secondarie e senza traccia di traffico. Il piccolo monocilindrico frulla silenzioso e praticamente privo di vibrazioni. La ridottissima massa della moto e le sue gomme da bicicletta la rendono talmente maneggevole da togliere ogni pensiero. Eventuali correzioni da apportare alla traiettoria per ostacoli imprevisti (e ce ne sono…oh, se ce ne sono!) non impegnano più di tanto. Come bonus, nonostante i regimi più utilizzati siano quelli intorno a 6.000 giri, il consumo supera appena i 50 km/l. Se si sposa l’idea di downsizing e si abbandona la fretta, questa piccola moto è una fabbrica di sorrisi. Lascio la provincia di Trapani ed entro in quella di Palermo, seguendo stupito le indicazioni sulla SP60. Stupito per la presenza dei cartelli, più che altro. Invece sono puntuali e acquistano assoluta credibilità nel momento in cui trovo un cartello che indica cunette e dossi, aggiungendo minacciosamente “per tutto il tronco”. Verità assoluta, da cui però la CB non si lascia impressionare. Proseguo su quella che diventa la SP98.

Contessa Entellina
La segnaletica stavolta non mente.

Il mio itinerario di mini touring incrocia quello di poca gente, ma di molte pecore, che attraversano la strada per cercare erba fresca in questo inverno senza piogge.

Attraverso la minuscola frazione di Borgo Roccella, incontrando un singolo bipede, ma in compenso almeno un paio di centinaia di quadrupedi belanti. Decido di non cedere all’impulso di seguire l’indicazione per la vicinissima Rocca di Entella. Si tratta di un luogo d’interesse naturalistico ed archeologico, situato su un pianoro che domina la campagna circostante e l’invaso artificiale intitolato al giornalista Mario Francese, ucciso dalla mafia nel 1979. Ritrovamenti di varie epoche, anche preistoriche, fanno cornice a quello più noto, cioè i resti della città elima di Entella, che nel V secolo a.C. era abitata da…Campani. Giusto per tenere fede al tema delle migrazioni! Negli ultimi chilometri la strada è in salita e s’inerpica sul fianco di colline chiamate Brinjat, che in albanese significa “costole”. Rende l’idea di questi piccoli crinali vicini. Arrivo alle prime case, accolto dal cartello che annuncia il centro abitato e ne dichiara la sua appartenenza alla comunità arbëreshë, cioè quella degli albanesi d’Italia. Kuntisa o Kundisa, in lingua albanese, Contessa Entellina in italiano.

Entro a Contessa e in area bilingue.

Superato il cartello redatto anche in albanese, mi addentro nel paese su strade vuote. Silenzio, una sensazione di pace, un profumo di legna bruciata che regala un sorriso, un’idea di focolare domestico.

Nessuno per le strade, un silenzio affascinante ma anche un po’ sconcertante. Ho l’impressione di essere l’unico essere umano. Il paese si stende obliquo sulla collina, con stradine che offrono punti di vista sulla piazza sottostante e così via, in maniera più…tridimensionale rispetto agli altri agglomerati urbani. Sfruttando l’andatura della CB, esploro il centro (poco) abitato a passo d’uomo. Un piccolo dedalo di saliscendi, di strette vie acciottolate o basolate, molte a senso unico per evitare l’eventuale difficoltà di passaggio a due auto che s’incrociassero. Mi lascio alle spalle la piazza su cui si trova il municipio, poi torno verso la parte bassa e parcheggio davanti alla chiesa madre, di rito greco-ortodosso. Entro nel bar di fronte, aperto e dove finalmente vedo gente. Ascolto le conversazioni, quasi deluso di scoprire che sono in siciliano. Chiedo al barista se si parla ancora l’albanese. La risposta, un po’ sconsolata, è uno stentato sì, ma con la nota che le generazioni nuove non stanno conservando la cultura, la memoria di questa orgogliosa ascendenza. Il cappuccino che prendo è assolutamente italiano.

La chiesa di Maria SS Annunziata e San Nicolò.

La lingua albanese a Contessa Entellina è meno diffusa di un tempo, quando i brandelli di conversazione colti per strada erano incomprensibili alle mie orecchie. Ora sento perlopiù il dialetto siciliano.

Gradisco, ringrazio, vado a curiosare nella chiesa di rito greco, intitolata a Maria SS. Annunziata e S. Nicolò. Dall’esterno sembra quasi di recente costruzione, tanto è ben tenuta la sua facciata in pietra, abbellita da mosaici neo-bizantini. Invece è stata edificata dai profughi albanesi, che nel XV secolo ristrutturarono un edificio già esistente per farne la loro chiesa. Le pareti ed il tipico tramezzo ligneo chiamato iconostasi sono abbelliti da decine di icone luccicanti d’oro e recanti iscrizioni in caratteri greci. L’atmosfera è esotica, solenne ma calda. Mi trattengo qualche minuto, intravedo il papàs, il sacerdote che s’intrattiene con una coppia di fedeli. Un ultimo sguardo d’insieme, poi vado a recuperare la mia piccola Honda. E’ tempo di lasciare Contessa Entellina per andare verso un’altra colonia albanese. Famosa per essere stata immortalata nelle riprese del film da premio Oscar Nuovo Cinema Paradiso. Casco, guanti, giro la chiave. Si va a Palazzo Adriano.

Interno della chiesa e iconostasi.

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