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Ecobonus moto: senza cessione del credito, a rischio la tenuta finanziaria delle Case ANCMA denuncia l’esposizione di produttori e importatori

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L’allarme dell’Associazione Nazionale Ciclo Motociclo e Accessori. “Il meccanismo dell’Ecobonus per l’acquisto di motoveicoli elettrici rende produttori e importatori troppo esposti”.

«È necessario intervenire subito per introdurre la possibilità di cessione del credito d’imposta ad altri soggetti. Come avviene per l’Ecobonus edilizio. O la tenuta finanziaria di molte delle nostre imprese sarà a rischio». A lanciare l’allarme è Paolo Magri, presidente di Confindustria ANCMA (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori). Il quale, in un comunicato, ha annunciato “iniziative a livello parlamentare” nell’ambito della conversione in legge del Decreto Sostegni bis. Per modificare la legge sugli incentivi per l’acquisto di motoveicoli elettrici.

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La Zero SR/F.

L’associazione parla di “arma a doppio taglio”. Se da un lato, infatti, l’Ecobonus ha dato un impulso molto positivo al mercato di ciclomotori, scooter e moto elettrici (+84% nel 2020 sull’anno precedente), dall’altro sta minando seriamente la liquidità delle aziende costruttrici, importatrici e, talvolta, anche della stessa rete di vendita quando la casa produttrice non ha sede in Italia.

Il dito è puntato contro il meccanismo incentivante. La norma prevede infatti che il contributo sia corrisposto dal venditore mediante uno sconto diretto sul prezzo di acquisto del veicolo. E che siano le aziende costruttrici o importatrici a dover rimborsare successivamente alle concessionarie l’importo del contributo. In questo modo le imprese recuperano a loro volta tale importo come credito di imposta.

«Tuttavia – sottolinea Magri – i tempi di recupero sono molto dilatati e questo risulta essere molto penalizzante di fronte alle caratteristiche e alla dimensione prevalente delle maggior parte delle imprese e delle start-up della mobilità elettrica su due ruote». Secondo il presidente di ANCMA «il successo della misura e la sua apprezzabile estensione fino al 2026, avrà paradossalmente un effetto molto negativo sulla stabilità economica delle nostre aziende. Che non riusciranno a gestire la tensione prodotta dall’impossibilità di compensare il credito accumulato. E forse non saranno più in grado di investire adeguatamente in innovazione e saranno fortemente indebolite».

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