Motospia

SOGNANDO LA TUSCIA…PENSIERI IN MOTO

Tuscia

La fredda e piovigginosa domenica mattina di Gennaio non invoglia ad alzarsi dal letto, malvolentieri abbandono il tepore delle coperte per accingermi a preparare la colazione. Anche oggi non è tempo da moto, si rischia un malanno.

Mi accomodo sul divano sorseggiando il cappuccino, guardo il cielo livido fuori dalla finestra e, quasi senza volerlo, le palpebre si abbassano nuovamente. Non è più sonno, ma voglia di sognare: sì, voglio immaginare di poter scendere in garage, avviare la moto e partire per un giro senza una meta predeterminata, soli io e lei.

E allora eccomi sulla Cassia Bis, uscendo da Roma, affretto un po’ il ritmo assaporando mentalmente quello di cui godrò a breve.

Al bivio di Monterosi, la moto sa che deve piegare a destra (quante volte lo ha fatto…) e puntare in direzione Nepi, per poi svoltare presto a sinistra ed immettersi sulla Cassia Cimina: sono già nella Tuscia Viterbese.

I primi chilometri non riservano grandi emozioni, procedo spedito fino a Ronciglione; mi piace entrare nel paese attraversando trionfalmente la Porta Romana, percorrere a passo d’uomo il centro abitato, con la visiera del casco sollevata, lasciandomi inebriare dai profumi che arrivano dalle pasticcerie disseminate lungo la via (ad esempio quella di Marcella, in Corso Umberto I 77).

La Porta Romana a Ronciglione

 

La moto a tratti recalcitra un po’, in quel procedere troppo lento, quasi a volermi ricordare che anche lei non vede l’ora di divertirsi.

Sono felice di accontentarla: abbasso la visiera, esco dall’abitato e poco dopo, magicamente, vedo apparire dinanzi a me il Lago di Vico. Scelgo il percorso più amato dai centauri, quello che si mantiene sempre alla destra del lago, in un continuo susseguirsi di curve raccordate e squarci mozzafiato.

La strada continua a salire, sono già al bivio di Caprarola, rallento un po’ per godere dello spettacolo offertomi dagli alberi che si riflettono nello specchio d’acqua.

Il-Palazzo-Farnese-a-Caprarola

 

E’ ora di affrontare il tratto più impegnativo del mio itinerario nella Tuscia: scalo marcia e mi concentro sulla giostra dei tornanti che, in rapidissima successione, portano sempre più in alto, in un crescendo di emozioni che non si stemperano nemmeno quando raggiungo nuovamente un rettilineo, quello alberato che porta al bivio per S. Martino al Cimino.

San Martino al Cimino

 

Sono alla massima altitudine, circa 1000 metri: un cartello turistico informa che sono entrato nella comunità montana dei Monti Cimini.

Comincia la discesa: in un tripudio di curve, prima strette e poi via via più guidate, con la coda dell’occhio ammiro gli ingressi ai percorsi di trekking e alle aree di sosta che invitanti si susseguono ai lati della strada, senza distrarmi troppo.

Sento il manubrio tirare un po’ a destra: la moto vuole a tutti i costi fare una deviazione a Soriano nel Cimino, per andare a rivedere la celebre Faggeta.

La Faggeta di Soriano nel Cimino

 

Mirabile la strada che porta ai cinquanta ettari riconosciuti patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.

Mi riempio gli occhi di verde, il naso di aria pura e frizzante, ma è ora di proseguire.

Ritornato sulla Cassia Cimina, lascio scorrere la moto in una danza lenta tra le curve dell’ultimo tratto in discesa: sto entrando a Viterbo, la Città dei Papi.

Vorrei girarla tutta, perdermi nei vicoli del quartiere medioevale, rimirare estasiato il Palazzo dei Papi, fermarmi in una delle innumerevoli “pozze“ termali disseminate sul territorio, passeggiare nei giardini di Villa Lante a Bagnaia,

Il quartiere medievale a Viterbo

 

Villa Lante a Bagnaia

 

fermarmi a pranzo dove so che non mi deluderanno (mi vengono in mente il ristorante “La Pentolaccia”, a due passi da Piazza Fontana Grande, e “Il Pallone” a Vitorchiano, raggiungibile in dieci minuti da Viterbo.

Tuscia
Il Palazzo dei Papi a Viterbo

 

Ma non è il momento: devo andare.

Ed eccomi allora in direzione Montefiascone, splendidamente rialzata, per poi scendere briosamente a Bolsena, pennellando le curve che portano al lungolago.

Tuscia
Il Lago di Bolsena

 

Da lì è un attimo puntare verso Marta, Capodimonte e Valentano, mollemente adagiati sulla sponda ovest del lago: li attraverso in surplace, trotterellando a bordo riva, la visiera di nuovo sollevata.

Ho bisogno di vedere il mare, proseguo senza indugio alla volta di Canino, tra paesaggi rurali di incomparabile suggestione. Per fortuna ho montato le valigie laterali, ed ho spazio: non mi lascio sfuggire l’occasione per fare una piccola scorta di olio d’oliva di qualità superiore al Frantoio Archibusacci (www.archibusacci.com).

Riparto, tintinnando ad intervalli più o meno regolari, ansioso di vedere il mare a Montalto di Castro: appena posso mi fermo a sistemare meglio il bagaglio, penso tra me e me. Eccolo, finalmente lo vedo: era ora, dopo tanta altura.

La brezza marina mi inebria mentre percorro la costa in direzione Tarquinia: il motore canticchia appagato.

L'Acquedotto Romano, tra Tarquinia e Monte Romano
L’Acquedotto Romano, tra Tarquinia e Monte Romano

 

Ma la mia voglia di andare non è ancora esaurita: non voglio perdermi una puntatina a Tuscania, rientrando nell’entroterra, anche se dovrò allungare un po’. Le splendide torri sembrano farmi l’occhiolino, per ringraziarmi di aver fatto loro visita.

Le Torri a Tuscania

 

Sorrido soddisfatto sotto il casco, ma comincio a pensare che sia ora di fare ritorno.

In volata raggiungo Vetralla, sempre immerso in paesaggi campestri che, a volte, assumono dignità di quadro d’autore.

Non ho bisogno di riflettere sul percorso: in autonomia, la moto sa che deve portarmi prima a Capranica, poi a Sutri, prima di chiudere il cerchio di nuovo a Monterosi.

L’anfiteatro romano a Sutri

 

Non mi basta mai: già che ci sono, decido di tornare a Roma percorrendo la Via Flaminia, per non ripetere a ritroso la stessa strada dell’andata.

Mi compiaccio con me stesso per l’ottima idea, che mi consente di tagliare per le Cascate di Monte Gelato e lambire Calcata, mirabile borgo a precipizio su una rupe.

Il Borgo di Calcata

 

Mi sono lasciato alle spalle anche Faleria e sono ormai in direzione di Roma, tra una ventina di chilometri sarò a casa.

Improvvisamente comincia a piovere…ma come è possibile? E’ una meravigliosa giornata di primavera inoltrata, il cielo azzurro sembra dipinto, ho sentito finora gli uccellini cinguettare…

L’inevitabile condizione di disagio mi impone una maggiore concentrazione: ora sento anche una voce, ma l’interfono è spento.

E’ un attimo aprire gli occhi e rendermi conto che la pioggia ora batte incessante contro la finestra, e che la voce che sento è quella di mia moglie: con tono che non ammette repliche, mi ricorda che il cane ha bisogno di scendere per i suoi bisogni. So di essere l’assegnatario della missione, e devo anche sbrigarmi, se voglio guadagnarmi un pranzo sereno.

Mi piego all’incombenza, mentre davanti agli occhi vedo infrangersi un quadro di curve e tornanti, di monti e di laghi, di pieghe e di allunghi, di mare e sterrati. Me ne faccio una ragione, anzi mi ritengo addirittura fortunato, oltreché gratificato.

Oggi pomeriggio sarò in grado di affrontare le eventuali esigenze familiari con la migliore predisposizione d’animo: d’altro canto, dopo una mattinata così…!

Tuscia
La Tuscia in moto: l’itinerario

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