La mission aziendale Yamaha è dare al cliente più di quanto si aspetta. E anche creandogli quella piacevole sensazione di appagamento che in giapponese viene espressa dal termine “kando”. Ma non staranno esagerando nel darci qualcosa che non ci aspettiamo? Non stanno andando troppo oltre per la mentalità conservatrice di noi motociclisti? La Nikken che non si riesce a vendere e i tanti prototipi “non motociclistici” visti a Tokyo, non creano certo “appagamento” motociclistico.
Yamaha a fine 2018 ha reso pubblico il suo “Long Term Vision Plan”, esplicitandone nel contempo un piano di attuazione a medio termine (2018-2021).
Il focus di questo piano strategico è spiegato dall’acronimo ART (Advancing x Robotcs, Rethinking x solutions, Transforming x Mobility). Tradotto in parole povere: in Yamaha stanno guardando molto avanti nel futuro, immaginando un forte impegno nello sviluppo della robotica e con quella ripensare ogni tipo di soluzione possibile per rispondere alle esigenze di mobilità (e non solo). Una “vision” assolutamente condivisibile ed apprezzabile per una grande azienda come Yamaha. Soprattutto considerando che nel piano è esplicitata una voglia di aumentare i volumi di vendita e incrementare i profitti.
Ma a leggere il loro piano e ad osservare i loro ultimi concept con gli occhi del motociclista attuale, sorge il dubbio che si stiano allontanando un po’ troppo dai concetti puramente motociclistici. Insomma, sembra si stiano preparando ad essere una azienda molto diversa da quella che conosciamo oggi.
Nessuna altra azienda motociclistica sta andando così “oltre”.
Nessuna Casa giapponese o europea o statunitense pare infatti attualmente così fortemente orientata a modificare il suo stato di “costruttore di motociclette” in “fornitore di soluzioni per il benessere umano e per la mobilità in generale”. Oppure, se lo stanno pensando, non lo hanno ancora esplicitato in maniera così evidente come invece ha fatto, e sta facendo, Yamaha.
Insomma, abbiamo l’impressione che Yamaha, per tenere fede agli impegni di crescita dei fatturati e di aumento dei ricavi che si pone come obiettivo, stia giocando una carta rischiosa e ambiziosa al tempo stesso: allontanarsi dai concetti tradizionali del motociclismo, per esplorare terreni dove si sta prendendo un vantaggio rispetto agli attuali concorrenti, ma dove presumibilmente dovrà scontrarsi con colossi della mobilità molto più grandi dei suoi attuali competitors…
E i primi passi che ha compiuto in questa direzione, come ad esempio la Nikken, non sembra che le stiano dando ragione. Almeno nel nostro mondo.
Ma il piano è partito e non si può certo fermare al primo insuccesso. Così a Tokyo abbiamo visto un nugolo di “novità” che di motociclistico avevano ben poco: il Tritown, l’MV Vision, il Tricity, il robot a guida autonoma, l’evoluzione del drone elicottero per vari usi agricoli, il kit per la le sedie a rotelle elettriche…
E a Milano l’unica vera novità, insieme alle MT 125 ed MT 03 (roba da mercati indonesiani) era la nuova versione del Tmax. Tanto che per riempire lo stand si è dovuto far ricorso ad influencer e ad azioni di marketing, mentre altre Case erano prese d’assalto per le novità…
Qualcuno potrebbe obiettare che però Yamaha sta investendo molto nello sport a due ruote. Sì, è vero, ma attenzione: investire massicciamente nello sport potrebbe essere soltanto una pura azione di marketing per far conoscere e riconoscere il marchio. Marchio da “vendere” poi in altri ambiti.
Già un paio di anni fa noi di MBEditore denunciavamo la svolta imposta da Toyota
Marzo 2018: il nostro Matteo Bacchetti, sull’editoriale di Motocatalogo, evidenziò l’indirizzo di Yamaha determinato in modo fin troppo evidente dal secondo azionista della Casa giapponese, la Toyota. Le reazioni della dirigenza italiana dell’epoca, Colombi e Corsi, turbata da scenari che probabilmente erano poco compresi, fu di negare….
Cosa diranno oggi gli stessi di fronte a queste nuove evidenze della nostra tesi?