Il presidente della FIM Jorge Viegas dichiara che non è giusto che Dorna gestisca sia MotoGP che SBK. E dice che si sta adoperando per risolvere la questione. Dorna dichiara invece che con la SBK vorrebbe continuare fino alla scadenza del contratto (sembra che scada nel 2036…). Cosa sta succedendo? E perché?
Nelle ultime ore si è parlato della questione SBK fra Dorna e FIM. Si sta diffondendo infatti la voce di un addio della Dorna al Mondiale Superbike. Tutto nasce, secondo quanto riportato dal nostro collega Paolo Gozzi, da una dichiarazione che il presidente della FIM (Federazione Internazionale Motociclismo) Jorge Viegas, portoghese, ha rilasciato a margine della riunione del Board of Directors, che si è tenuta nei giorni scorsi a Varsavia.
Viegas avrebbe dichiarato che non sarebbe cosa giusta che Dorna sia il promoter di MotoGP e Superbike al tempo stesso. E che esisterebbe un piano della FIM per cambiare le cose …
Sempre secondo quanto avrebbe dichiarato Viegas alla testata Youtube polacca “Prawda Moto”, ci sarebbero state delle ragioni ben precise perché Dorna si è trovata a gestire i due campionati, ma che questa non sia la soluzione ideale, e che lui personalmente, quanto la FIM, starebbero lavorando per cambiare le cose. Viegas avrebbe anche aggiunto che Dorna stessa non sarebbe contenta di questa situazione.
La Dorna è sembrata stizzita da queste dichiarazioni, ma al momento non commenta.
Sempre secondo quanto riportato da Paolo Gozzi, la lettura delle dichiarazioni di Viegas avrebbero fatto trasalire Carmelo Ezpeleta, amministratore delegato di Dorna. Ezpeleta non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali, ma avrebbe fatto capire che contrariamente a quanto detto da Viegas, Dorna sarebbe intenzionata a tenersi stretta la SBK.
Vogliamo fare un po’ di chiarezza su questa notizia? Allora bisogna andare indetro nel tempo, fino al 2012…
Per cercare di far luce su quanto sta o starebbe succedendo, dobbiamo risalire indietro nel tempo di qualche anno. Per l’esattezza al 2012. Nel 2012 la Dorna, che aveva con la FIM il contratto da promoter della MotoGP, era posseduta al 70% dal fondo di investimento “Bridgepoint” e al 30% da Carmelo Ezpeleta (e dai suoi soci). Il contratto da promoter della Superbike era invece nelle mani di Infront (multinazionale svizzera che gestisce i diritti di moltissimi sport di livello internazionale). E infront aveva acquistato questi diritti dal Flammini Group, promoter storico della Superbike. Ma aveva lasciato a Flammini la gestione operativa del campionato.
In quegli anni MotoGP e Superbike combattevano una guerra senza esclusione di colpi. Il successo della Superbike infastidiva alquanto una MotoGP che stava vivendo uno dei peggiori momenti della sua storia. La crisi aveva ridotto la griglia della classe regina a pochissimi team e la Dorna stava tentando di porvi rimedio inventandosi diverse soluzioni. Fra queste, la classe CRT nel 2012 e la classe Open nel 2013. Insomma, c’era crisi profonda!
Al tempo stesso la Superbike stava vivendo una delle sue numerose “rinascite dalle ceneri”. Aumentavano i team ufficiali iscritti (Ducati, Aprilia, BMW, Kawasaki, Honda, Yamaha), e c’erano buoni riscontri di pubblico e di piste che chiedevano di poter organizzare eventi. Così come si ottenevano buoni risultati economici grazie ai diritti TV. Intendiamoci: la Superbike aveva un giro d’affari che comunque non era assolutamente paragonabile a quello del colosso MotoGP.
Quando Dorna introdusse la classe CRT per salvare la MotoGP, scoppiò la guerra fra i due campionati.
Il problema fu che quando Dorna introdusse la classe CRT, che in qualche modo poteva essere vista come una classe di “derivate dalla serie”, Flammini alzò la voce in federazione per far notare che i diritti per le derivate di serie erano i suoi, e che quindi Dorna non poteva farle correre in MotoGP.
Dorna, dal canto suo, ribatteva e faceva notare alla FIM che le Superbike che correvano in quegli anni erano più vicine ai prototipi della MotoGP che alle moto di serie. Insomma, entrambi avevano probabilmente una parte di ragione, ed entrambi, giustamente, facevano di tutto per difendere il proprio orticello.
Ma poi all’improvviso cambiano le carte in tavola quando Bridgepoint acquisisce Infront.
Ma mentre Dorna e Flammini litigavano, successe una cosa sopra le loro teste. Successe che il fondo di investimento Bridgepoint acquistò Infront. Quindi, nel 2012 la situazione era che Dorna e Flammini stavano litigando ma vivevano da qualche mese sotto lo stesso tetto.
Bisogna poi aggiungere una ulteriore informazione al puzzle affinché la situazione vi sia più chiara.
I fondi di investimento quando acquisiscono qualsiasi tipo di società, lo fanno per farne aumentare il valore e poterla rivendere dopo un massimo di 5-7 anni, garantendo a chi ha versato i soldi nel fondo un lauto guadagno. In quel momento Bridgepoint si era accorta che la montagna di soldi sborsata per il 70% di Dorna (si parlò al tempo di una valutazione complessiva della società superiore ai 900 milioni di Euro!) non stava assolutamente rendendo quanto sperato. Insomma, la crisi economica mondiale non stava facendo fruttare quel grosso investimento. Bridgepoint, conscio di questa situazione, cercò di far mettere d’accordo le due parti, facendo pesare il fatto che entrambi dovevano in qualche modo rispondere allo stesso padrone.
Ci fu un incontro segreto a Donington nel 2012. E lì avvenne la rottura e nacque la questione SBK.
Durante il week-end della gara Superbike di Donington 2012 ci fu una riunione (più o meno segreta), fra i rappresentanti di Bridgepoint, Dorna e Flammini. In quell’occasione i dirigenti di Dorna chiesero a Flammini di cambiare i regolamenti Superbike per abbassarne il livello tecnico. La richiesta insomma era di ridurre costi e prestazioni delle Superbike, in modo che la MotoGP e le CRT non dovessero più soffrire anche del confronto tecnico fra i due mondi. In quell’occasione Flammini probabilmente commise un errore. Rispose picche e, anzi, sembra che volesse insistere nel chiedere a FIM di dichiarare illegittima la classe CRT del motomondiale.
Probabilmente Flammini, forte del buon momento che stava vivendo la SBK, sottovalutò il fatto che siccome Dorna era il giocattolo più grande di Bridgepoint, al padrone interessavano molto di più le sorti di Dorna rispetto a quelle del giocattolo più piccolo (la Superbike). Giocattolo che fra l’altro aveva acquisito da pochissimo e sul quale avrebbe avuto più tempo a disposizione per lavorarci e per farlo rendere il dovuto.
Visto che Dorna e Flammini non si mettevano d’accordo, Bridgepoint silurò Flammini e diede il timone di tutto a Dorna. Che sulle prime neanche lo voleva…
Dorna era nel portafogli di Bridgepoint già da anni e il suo valore non saliva. Più per colpa della crisi che per demeriti propri… Insomma, capito che non sarebbe riuscito a mettere d’accordo i due contendenti, Bridgepoint decise di chiudere la collaborazione con Flammini a fine 2012, e di mettere entrambi i campionati nella mani di Dorna.
Questa decisione arrivò come un fulmine a ciel sereno anche negli uffici di Dorna. Ezpeleta e i suoi uomini non erano pronti a gestire la Superbike, e non volevano neanche farlo. Furono obbligati. E bisogna dire che per almeno un paio d’anni diedero l’idea di soffrire questa decisione, quasi fosse una punizione.
Da allora Dorna si è data da fare per salvare entrambi i campionati.
Chi critica tutte le decisioni prese da Dorna per la Superbike, lo fa senza avere chiara la situazione economica di MotoGP e Superbike e senza conoscere la professionalità che Dorna ha portato nel mondo della moto.
Per salvare la MotoGP, già dallo scorso anno, Dorna praticamente sta mantenendo economicamente tutti i team non ufficiali. Infatti, versa loro dei contributi che si contano nell’ordine di oltre due milioni di euro a pilota! Senza i soldi messi da Dorna, in MotoGP avremmo uno schieramento di 8 moto. Questo perché, aldilà della bellissima immagine creata da Dorna, il motociclismo soffre di una crisi di sponsorizzazioni senza precedenti! Non c’è più uno solo euro a disposizione nel paddock. In entrambi i campionati, il 70% dei team vivono sulla base di promesse di pagamenti che poi nessuno mantiene… Si pensi che i team ufficiali di Honda e Yamaha vengono praticamente mantenuti dalle sponsorizzazioni che arrivano dalle filiali del sud est asiatico, l’unico mercato che produce profitti consistenti.
C’è crisi in entrambi i campionati, e le cose peggioreranno quando Valentino Rossi deciderà di smettere.
Insomma, la crisi economica ha ridotto tutti sul lastrico, e Dorna dirotta tutte le risorse sui team MotoGP per salvare l’immagine di un buon prodotto da vendere alle TV. La vendita dei diritti TV è infatti la voce più importante del budget di Dorna. E buon per lei che Valentino Rossi sta continuando a correre. Quando lui si ritirerà, le vendite dei diritti TV avranno un drammatico taglio a livello mondiale, non solo in Italia.
Nella Superbike il modello di business è uguale: si cerca di fare di tutto per tenere alto il valore dei diritti TV. Con l’aggravante che per Dorna in Superbike ci sono scarsissime entrate sull’altra voce fonte di ricavi: quella delle “fee” richieste agli organizzatori delle gare.
Dovete sapere che se un circuito, o un promoter locale, vogliono organizzare una tappa del mondiale, devono fare un accordo con Dorna e pagare una cifra che è diversa caso per caso in base a molte variabili. L’organizzatore delle singole gare può basare il proprio ritorno economico essenzialmente sulla vendita dei biglietti e sulle sponsorizzazioni locali e/o sui contributi che vari enti pubblici possono erogare.
In Superbike nessuno vuole più pagare cifre importanti per organizzare le gare, perché non c’è più il ritorno economico da spettatori e sponsor.
Questo meccanismo faceva felici tutti fino a quando è arrivata la crisi. Prima della crisi, Flammini e poi Dorna potevano pensare di vendere una gara della Superbike a cifre a nove zeri. Tranne casi particolari, si andava da 1.000.000 di Euro a oltre 2.000.000. Oggi nessun organizzatore o circuito europeo si prenderebbe il rischio di pagare più di 100-200.000 euro. Che aggiunti alle spese di organizzazione, non vengono comunque mai coperti dagli scarsi incassi al botteghino e dalle inesistenti (o ininfluenti) sponsorizzazioni locali.
È per questo motivo che la Superbike negli ultimi anni fa una gran fatica a mantenere un numero di almeno 13-14 gare stagionali. Aldilà delle dichiarazioni ufficiali, la realtà è che non ci sono più spettatori e non ci sono più sponsor. E Dorna lotta ogni anno con budget sempre più ristretti. In realtà, più che criticarla, bisognerebbe ringraziarla se esiste ancora oggi un buon campionato Superbike con una discreta immagine e con belle dirette TV su reti nazionali.
Alla luce di quanto esposto finora, torniamo ad analizzare ciò che ha dichiarato Viegas sulla questione SBK, e proviamo a spiegare le sue parole con una nostra personalissima interpretazione.
Il nostro punto di vista è che, con il perdurare di una situazione economica stagnante, per non dire disperata, sia della MotoGP che della Superbike, è probabile che Dorna, per risolvere la questione SBK, abbia chiesto a FIM di rivedere gli accordi pluriennali per la licenza di promoter. Magari chiedendo un adeguamento al ribasso delle quote che Dorna deve pagare alla FIM per avere i diritti sui due campionati.
Insomma, noi crediamo che sia vero che Dorna, dopo aver fatto molti sforzi per tenere in piedi i due campionati in una situazione davvero difficile, vorrebbe continuare a gestire entrambi, anche per sfruttare tutte le sinergie possibili. Ma che si sia resa conto che ci siano costi da poter tagliare anche sul “canone di affitto”.
È altrettanto probabile che la FIM stia pensando di non accettare riduzioni del “canoni”, e che voglia cogliere al balzo la palla, cercando un promoter alternativo a Dorna per la Superbike, risolvendo così anche il non bellissimo “conflitto di interessi” che si è creato dal 2013.
Fantapolitica? Può darsi… Ma come diceva Falcone, se vuoi le prove, segui la scia dei soldi!