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Influencer specchio del motociclista quotidiano?

Influencer e brand ambassador: oggi è sufficiente aprire qualsiasi social per trovarne  di tutti i tipi in qualsiasi contesto, dai gruppi di cosiddetti motociclisti appassionati, a blog e siti autoreferenziali, senza scordare pagine, profili e canali.

Influencer. In fin dei conti bastano poche decine di persone che seguano il nostro profilo, e subito ci sentiamo Chiara Ferragni.

Influencer. Le aziende del settore motociclistico ci rimbalzano immagini di uomini prestanti e donne bellissime  in sella al loro mezzo.

Pubblicità cacofoniche dove del prodotto si percepisce ben poco, ma tant’è, in fin dei conti ho sulla sella la “regina delle due ruote” e tanto basta per vendere quel mezzo/accessorio/capo d’ abbigliamento.

Ma davvero questi volti che troviamo ovunque sono coloro che rappresentano la motociclista quotidiana?

Metti un sabato sera qualunque, quattro amici seduti a un tavolo tutti appassionati di moto, metti due chiacchiere ed a un certo punto ci si inizia a domandare chi veramente li rappresenti.

Complice dell’ottimo cibo giapponese, abbiamo sviscerato per tre ore questa domanda.

Tutti noi siamo motoviaggiatori da (ben) più di 10 anni, non siamo (perlomeno io onestamente) dei fenomeni in sella.

Ma chi più chi meno ce la caviamo, ed abbiamo frequentato spesso eventi, raduni, e manifestazioni più o meno conosciute, cogliendo l’occasione non solo per divertirci, ma anche per incontrare altri appassionati.

Prima della nascita dei social sul web c’era un grande forum che accoglieva sia uomini che donne: pur essendo nato per un pubblico femminile, aveva la grande capacità di unire tutti gli utenti.

Da questo spazio virtuale il passo al mondo a due ruote reale era breve, e da qui sono uscite alcune delle motocicliste migliori in termini sia di persona che di abilità alla guida che io abbia mai conosciuto.

Ai tempi non si usava essere influencer, ognuno nelle chat portava semplicemente la propria esperienza e le proprie conoscenze, mettendole a disposizione di chi poneva domande.

Quando però si partecipava a degli eventi, bastava un nickname per essere subito riconosciuti. La reputazione motociclistica te la costruivi su strada, non comprandoti follower da agenzie web.

Oggi le aziende legate al settore motociclistico inviano i propri prodotti a influencer che ben presto, o magari solo grazie ad una mascherina ricevuta in regalo, si autonominano brand Ambassador.

Persone che raccontano di se stessi come viaggiatori che non scendono mai dalla sella, motocicliste che addirittura dormono sul proprio mezzo, novelle esploratrici di chissà quale mondo sconosciuto che viaggiano in solitaria utilizzando cerotti e steli d’erba per tenere insieme il pezzo di moto che si è rotto.

Rappresentanti di noi motociclisti comuni che non solo ottengono in omaggio spesso il prodotto pubblicizzato, ma che vivono di queste collaborazioni.

Nomi e persone che si, certamente una moto la sanno guidare, ma come?

Influencer che si inventano dall’oggi al domani come istruttori senza avere basi, che l’ importante è monetizzare il proprio nome.

Persone che quando si presentano agli altri puntano più sullo sminuire coloro che vedono come concorrenti che sulle proprie capacità e competenze in sella.
Ambassador che quando li incontri per la prima volta han subito bisogno di specificare che loro sono influencer, fondatori di community, ambasciatori del tal marchio.

Titoli autoassegnati, gente che spesso il motociclismo lo vive da un PC sedute al bar con l’aperitivo in mano.

Motocicliste da prosecco che se gli proponi in sella abbozzano mille scuse per non esserci. E che, per caso vengono, si presentano con la moto a bordo del carrello, che sia mai fare troppi km, con annessi lamenti in merito al percorso prescelto, al km da fare, al sudore, al capello che si scompiglia del trucco che cola.

 

Tutto bello, se non fosse che sorge spontanea una domanda: ma questi ambasciatori, chi li ha mai visti in moto veramente fuori dai test ride e dalle situazioni organizzate ad hoc dai brand?

Brave tutte loro che sono così furbe e intelligenti da farsi pagare per rappresentare un mondo che in verità non vivono.

Noi, fruitori quotidiani dei social, appassionati delle due ruote, motoviaggiatori allo sbaraglio con tutte le nostre imperfezioni, davvero ci vediamo rappresentati e ci riconosciamo nelle immagini che vengono veicolate da queste persone?

Perché noi quattro amici in una tranquilla serata di un sabato qualunque di febbraio ce lo siamo chiesti.

Ed onestamente NO, in questi influencer non ci riconosciamo.

E non si tratta di non avere il fisico da velina, o gli occhi color ghiaccio, o il sorriso a 78mila denti dove ti ci puoi specchiare.
E non invidiamo neppure (ok, ovviamente li invidiamo, ,ma non è questo il nocciolo della questione) quegli addominali che Gerard Butler in 300 scansati proprio, o quell’aspetto selvaggio/trasandato che però fa saltare l’ormone oltre la soglia di sicurezza.

Il punto è che è difficile riconoscersi nell’immagine da Mulino Bianco sulle due ruote che continuamente viene propugnata.

Questi influencer non sono lo specchio del motociclista quotidiano, né uomo né donna.

L’errore è nostro,  con il silenzio diamo un feedback alle aziende, trasmettiamo che queste persone sono lo specchio del nostro essere motociclista.

Ed allora poi non dobbiamo stupirci che i brand si adeguino all’ immagine che ci hanno dato e che tacitamente accettiamo.

Appare ad esempio abbigliamento per moto che guarda più all’estetica con tagli da passerella e colori alla moda che non ad una vestibilità per una persona reale con i suoi rotolini.

Il pantalone ultra slim che dannazione al panino super imbottito mangiato in cima al passo che poi ci fa patire le pene dell’inferno con il bottone che ci schiaccia in vita.

Giacche stilosissime che odi dopo aver percorso neppure 150 chilometri, e figurati quando arrivi a casa dopo un bel giro di 500 km.
Ed ecco ancora pubblicità di moto con fuscelli biondissimi di 43 kg (da vestite), che sembrano dirti “se compri questa moto sarai figa come me”.

Anche se siamo solo 4 amici scemi, sappiamo che il marketing ha delle dinamiche (soprattutto in Italia) imprescindibili da un certo livello di bellezza.

Personalmente trovo imparagonabili certe influencer ad una bellezza classica come quella intramontabile della Loren, ma tant’è, le regole ormai sono queste.

Ma ricordiamoci che non sono scritte sulla pietra. Queste persone trascorrono la vita a dare il proprio parere e farsi portavoce di mezzi e oggetti che spesso, dopo gli shooting pubblicitari, finiscono banalmente accantonati dentro i loro armadi.

E questi feedback vengono analizzati dalle aziende.

Per noi quattro banali ed assolutamente normali appassionati questi influencer non sono lo specchio del motociclista quotidiano.

Sogniamo la volta in cui un marchio ci sorprenderà,  con motociclisti reali capaci di gestire seriamente un mezzo. Brand che puntino al concetto che è importante imparare a guidare in totale sicurezza la moto.

E forse dovreste cominciare a sognarlo anche voi.

 

 

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