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LA VAL SERINA…. Poesia della Vita, poesia per la vita Il nuovo viaggio del Poeta della moto Marco Gambardella che ci racconta la sua Val Serina

La vita è bella”. L’ha detto Benigni con la sua opera geniale, ma è quanto ho sempre creduto anch’io. Eppure la vita è fatta anche di mille occasioni perdute che, con il passare “degli anta”, sbattono contro gli occhi come le “ante” di casa quando non sono affrancate, e fuori si scatena la bufera!

Sono dunque del parere che la vita vada vissuta, almeno quando e finché si riesce, pur tra le mille cose da fare che anziché ridursi, col passare del tempo aumentano sempre di più.

E sono pure convinto – per stare sempre in linea con quel caloroso invito del nostro Direttore contenuto nell’articolo sulle innumerevoli e onnipresenti bellezze da visitare in Italia – che ognuno di noi ha, attorno a sé, uno spazio dove ritrovare la vita e ritrovarsi con la vita…

1. LA POESIA DELLA VAL SERINA: UN INVITO PER CIASCUNO

Nella nostra Terra bergamasca, per esempio, cuore di quella Lombardia che fu punta di diamante della Repubblica di Venezia, solida roccaforte contro gli sforzi degli Sforza milanesi da un lato e la grigia minaccia dei Grigioni svizzeri dall’altro, abbiamo una piccola valle incastonata in una corona di montagne non esorbitanti ma parimenti incantevoli, dov’è possibile ritrovare la vita al solo respirarne l’aria fresca o goderne della vista.

Questa valle, tracciata dal fiume Serina e identificata sulle cartine stradali come SP27, è lunga poco più di una ventina di km ma è talmente rigogliosa e stretta, che le abbondanti fronde si protendono verso il passante giungendo quasi ad abbracciarlo, mentre i numerosi speroni e le svariate pareti rocciose paiono improvvisare una ola entusiastica al suo passaggio!

Insomma, oltre ai borghi sensazionali della VAL SERINA, anche gli alberi e le rocce, stupefacenti interpreti di dolcezza e durezza, di flessibilità e rigidità, sono lì come monito per rammentare a ciascuno la bellezza e la fatica di quel vivere quotidiano …che va vissuto, anzi: attraversato!

Qui sei qualcuno”! E la Natura ti sta aspettando per dirtelo con voce forte e chiara! Sarà per questo che la Val Serina mi incanta ogni volta, traducendo il tutto in una pompata di ossigeno che ridona vita alle vene, al cuore, al cervello!

Ritengo dunque che qui non convenga venirci per correre, ma per ritrovarsi. Anzi, è meglio uscire di casa lasciando in garage le crescenti ansie da prestazione che invece sgorgano sempre più copiose dalla potenza dei motori odierni o dalla sempre più invadente ed effimera elettronica applicata alla moto. “Ma lascia stare… e goditi la vita, una volta tanto”!

E se proprio vuoi correre, piuttosto vieni qui per correre incontro alla vita connettendoti con te stesso, vibrando al borbottio del tuo motore e gongolandoti nel lasciarti cullare dal dondolio della tua motocicletta mentre risali questa valle che offre curve su curveappositamente lì per te!

Insomma, vivila con calma, la Val Serina; con quella calma e quell’allegria che ti permettono di perderti nell’infinito dei tuoi pensieri e dei tuoi sogni, a partire dallo sguardo che si riempie di uno speciale riquadro ogni volta che gli occhi sbirciano appena la di là della strada…

2. LA VAL SERINA: UNA POESIA… COI PIEDI PER TERRA!

La Val Serina: esagero con la poesia? Sicuramente sì, io, uomo di città in cerca di respiri più profondi e vitali, perché probabilmente non ci sarà sempre altrettanta poesia in chi, invece, quella Valle la vive, la abita e forse la subisce per una vita intera, dovendo scendere e risalire forzatamente ogni volta, col bello e il brutto tempo, a qualsiasi ora del giorno e della notte, tutti i giorni dell’anno.

Quelle stesse curve che noi soggetti appianati dalla pianura continuamente sogniamo e agogniamo, suppongo che per gli autoctoni sia talmente ripetitivo e scontato il farle, da non accorgersi nemmeno più di curvare… o danzare!

Ricordo che un pomeriggio d’estate per esempio, mentre risalivo dolcemente in moto, rapito in estasi dai miei pensieri e dalle mie fantasie… sul finire di un ampio curvone, un tale arrivò talmente velocemente che non lo sentì se non quando mi superò a manetta, e il rumore forte e squarciante della sua marmitta mi fece saltare in aria a tal punto che il cuore che mi si piantò in gola per svariati minuti prima di ridiscendere al suo posto!

Chiaramente quel talestraordinario ed invidiabile motociclista – mi sorpassò all’esterno curva, così come a suon di sonore sgasate inforcò le due o tre macchine che precedevano, per svanire nella valle – per non dire nel nulla, con la stessa fulminea velocità con cui arrivò… Alla faccia della poesia!!!

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“Sulle strade della Valle, un avvertimento ai foresti: se vieni qui per correre con tanti ‘cavalli’, fai la figura dell’asino!”

3. L’ORRIDO DI BRACCA: UNA POESIA… SCAVATA NELLA ROCCIA

Vabbè… Però sfido qualunque forestiero ad addentrarsi in questa valle senza sussultare o meravigliarsi fin da subito! Sì, perché superata la piccola frazione di Ambria che apre la valle, e sede del moderno stabilimento che imbottiglia l’acqua della fonte Bracca, ci si ritrova già immersi nella prima chicca: il breve quanto incantevole orrido di Bracca, dove è impossibile non distrarsi al punto di rischiare di finire o nel letto del fiume sottostante o tamponato da una autovettura locale che, come si diceva, ti arriva nel c**o sempre …col peperone nel c**o!!!

Insomma, un “orrido della madonna” non fosse che in curva, scavato nella roccia, affianco ad un generoso getto d’acqua, c’è proprio una grotta della Madonna di Lourdes: così, se non vuoi fermarti per una preghiera, Lei è comunque lì a ricordarti che stai per iniziare a percorrere un tratto di Paradiso, ed è bene che tu alzi lo sguardo, di tanto in tanto!

4. LA FONTE BRACCA: UNA POESIA… DI RIME PASSATE

Poesia o prosa, dunque? Testa tra le nuvole o piedi per terra?? Beh, dipende! Ad esempio: grazie alla particolare composizione mineraria della montagna, le acque di questa fonte hanno proprietà curative conosciute sin dai tempi remoti, tanto che la fondazione dell’omonimo abitato di Bracca sembra risalire ai romani del I° secolo a.C.! Agli inizi del XIX° secolo si diede però un impulso commerciale vigoroso, seguito dall’idea dell’ingegner Villoresi di erigere, nel 1906, un albergo termale con un piccolo tempietto dove sgorga quest’acqua salutare, appena superato l’orrido citato.

Fu un successo! Oltre alla borghesia dell’ottocento, negli anni ’20 del novecento persino il Nunzio apostolico Angelo Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII, dalla Bulgaria veniva appositamente alla Fonte Bracca per ritrovare la salute e curarsi con quest’acqua, preferendo questa località più appartata alla vicina ma già ridondante San Pellegrino.

Ora, a vedere che questo albergo è chiuso oramai da anni, e le fontanine nel tempietto sono asciutte e rinsecchite… credo non si apra nemmeno la prosa, ma una triste pagina di cronaca nera all’italiana.

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“Alla rinomata Fonte Bracca, ahimè, non si ferma più nessuno…”

5. BRACCA: UNA POESIA… CHE ALLARGA L’ORIZZONTE

Per riprendere la poesia ed il respiro, conviene allora effettuare una prima deviazione: superato Ponte Merlo, dove una roccia caratteristica a bordo strada fa da nicchia naturale ad un’altra statua della Madonna e sul dorso è ricoperta da un tappeto di muschio sgargiante grazie ad una cascatella permanente, imbocchiamo la salita di sinistra per raggiungere proprio l’abitato di Bracca.

Sembrerà di riemergere in superficie come un sommergibile dalla profondità delle acque, o di riprendere ossigeno come dopo un’immersione in apnea, perché di colpo la vista si apre sulla parte superiore della valle, che si allarga a catino. Può darsi che venga fame… e allora la Trattoria Dentella è pronta ad offrirti piatti tipici e ben cucinati; o anche solo sete, e allora, in uno dei bar, perché non richiedere un bel bicchiere di bibita a base di acqua minerale della fonte Bracca?! Sarà sicuramente meglio del solito caffè o di altre bibite più blasonate ma non salutari.

Ed ora, che fare?? Da dove passare?? Questo è sempre lo sconcertante dilemma dei posti così ricchi di scenari incantevoli, con intrecci di strade incantevoli, con borghi e contrade incantevoli! Aprendo una parentesi, dirò allora che se si continua da Bracca in direzione Serina, prima di recuperare la SP27 del fondo valle che avevamo lasciato, si rimane in quota attraversando altri posti bellissimi oltre alle contrade di Pagliaro con la chiesa del Corpus Domini ancora interamente affrescata dal 1400, e di Frerola con una tipica parrocchiale che domina la valle. A sapere che a visitarle ci venne di persona il grande San Carlo Borromeo … perché non mi ci dovrei fermare anche io??

6. SELVINO: UNA POESIA CHE… TI PRENDE LA MANO

Riprendiamo invece ora il percorso da dove lo avevamo lasciato nel fondo valle. Continuando di poco la SP27, giungiamo ad un passaggio scavato nella roccia, alle porte di Algua: e che troviamo? Un altro bivio lacerante! A destra, infatti, la strada che sale sino a Selvino, passando per Ambriola, Sambusita e Rigosa, basterebbe per tornare poi già a casa soddisfatti e rimborsati, magari scavallando proprio Selvino, ridente località turistica affollatissima nei mesi estivi, per scendere verso Nembro dai famosi “19 tornanti” tanto legati alle imprese del ciclismo quanto associati ognuno ad un ciclista famoso, primo tra tutti il campione bergamasco Felice Gimondi.

“Alla trattoria Dentella di Bracca, la simpatia ti accoglie da subito (se non sbagli l’entrata!)”

7. LA SP27 della VAL SERINA: UNA POESIA CHE… TI CULLA

Insomma! Ritorniamo invece ad Algua, a quel bivio sulla SP27 e, dopo il passaggio nella roccia, invece di svoltare a destra, “tiriamo dritto”. Ma si fa per dire perché, proprio ora, inizia una serie di curve ancora più incalzanti ma sempre dondolanti e goduriose, dove conviene non lasciarsi prendere troppo la mano per… non perdere la testa: è il caso di dirlo! Il cuore infatti pompa felicità a mille, il fiato resta magari sospeso, ma a sbagliare la traiettoria ci vuol poco e si rischia di picchiare il casco contro le pareti rocciose dentro alle quali è stata ricavata la strada!

Insomma, è così che si arriva a Serina, sempre che non si prenda quell’altra previa deviazione indicata dal cartello: Passoni. Che dire?! È una meraviglia: qui le strade assomigliano a quei rigagnoli che scendendo dai fianchi della montagna dopo una abbondante pioggia torrenziale, sbucan fuori dappertutto, quando meno te l’aspetti, e tutte ti attirano irresistibilmente!

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8. SERINA… E LA POESIA DEL PITTORE PALMA IL VECCHIO!

Eccoci giunti nel capoluogo dell’omonima Valle. Sembra lunga a raccontarla a parole, ma siamo solo a 11 km dall’inizio valle, e a trenta dalla città di Bergamo! Tante volte mi dico: basta così poco, e siamo già fuori dal mondo! Questo è un regalo inestimabile della Terra bergamasca!

Coi suoi duemila abitanti, Serina è il maggior centro della zona. Posta a 820 metri s.l.m., nei mesi estivi si riempie di villeggianti che scappano dalla calura della Pianura: che sia solo per l’aria fresca, le passeggiate nei boschi, la polenta con formaggio e selvaggina o c’è dell’altro?!

Sì, perché… quando nel 1480 questo turismo di sicuro non esisteva e la vita era dura, e la gente faticava a campare, Serina diede i natali a Jacopo Negretti, il futuro pittore Palma il Vecchio. Nato da modestissima famiglia di pastori e mandriani, si traferirà presto nella città di San Marco non per far parte di quella Venezia che da lontano dominava e soggiogava i territori, bensì divenendo esponente di quella prestigiosa Scuola Veneta che invece conquisterà artisticamente tutta l’Europa del tempo! Amico di Lorenzo Lotto, i suoi dipinti ispireranno il Carpaccio, il Bellini, il Giorgione mentre il Tiziano si innamorerà addirittura di sua figlia Violante…

Insomma: Venezia sarà pur sempre Venezia, ma quegli sfondi alberati, quelle colline amene e quelle montagne così realistiche, ‘sto Palma il Vecchio, mica le avrà dipinte ammirando la laguna da Piazza San Marco o ubriacandosi di “mèse ombre” dagli antenati del Caffè Florian… mi dico, no?!!

Che non sia stata invece quella cornice di montagne in cima alla sua valle ad imprimersi nella mente e nell’animo del Pittore tanto da riprodurle con fedeltà così …poeticamente indiscutibile?! Montagne che meriterebbero di essere raccontate una ad una, come il Monte Menna sul quale in una notte piovosa del 1944 si schiantò “Lady Irene”, un B-12 dell’aeronautica militare americana venuto in aiuto ai partigiani. Già: anche la Seconda Guerra Mondiale ha fatto versare tanto sangue anche qui…

E adesso? Che si fa? Che strada prendiamo?? Altra difficile decisione!! Sicuramente, se non è chiusa al traffico, è bene ridiscendere per via Cavagnis e poi per via Palma il Vecchio per ammirare l’antica strada del centro storico. Ci si ritrova così ai tornanti all’inizio del paese, risuperati i quali si potrebbe così prendere un’altra deviazione favolosa, la mia strada preferita, la SP31 che passando da Cornalba e Trafficanti, giunge ad Aviatico e riporta a Selvino! Che nomi… e che altre storie incredibili!

9. CORNALBA… E LA POESIA DEL POETA VIRGILIO!

Cornalba è sovrastata da una parete rocciosa liscia e ricurva; sembra un’onda gigantesca che emerge dalla montagna, se non addirittura la bocca di un’enorme balena che sorride… a fanoni stretti!

Cornalba: si chiama così esattamente dal latino cornus (roccia) e albus (di colore bianco), una roccia che, durante un viaggio in queste terre, impressionò persino Virgilio, il grande poeta, a tal punto che la definì “la dimora degli dei” (NB1: ma allora, la poesia funziona davvero in questa valle!) Oggi Cornalba è conosciuta per lo più dagli arrampicatori (NB2: questi sì che puntano sempre lo sguardo verso l’alto!) proprio per questa parete e le sue vie di arrampicata tra le più difficili al mondo.

10. TRAFFICANTI… E LA POESIA DEL BRIGANTE “PACI’ PACIANA”!

E poi Trafficanti, una piccolissima frazione sempre baciata dal sole pomeridiano che a me piace da matti a partire dal nome! In questi luoghi passava infatti la Via mercatorum, un’antica via bergamasca percorsa dai mercanti finché i Veneziani non costruirono sul finire del 1500 la migliore Via Priula. Ecco allora Trafficanti: una storia, un nome e, con un po’ di fantasia… tutto si chiarisce!

Benché non propriamente legato a questa frazione, tra storia e leggenda, qui spunta però un nome che ghiacciava il sangue nelle vene! È quello del “Pacì Paciana”, all’anagrafe Vincenzo Pacchiana, uomo realmente vissuto in queste zone tra il 1700 e il 1800 e che, a seguito di un’ingiustizia subita dalla Giustizia corrotta, si diede al brigantaggio in difesa del popolo e dei poveri. Eroe per la gente semplice dunque, ma bandito e ricercato dalle Forze dell’Ordine che regolarmente riusciva a beffare!

Ahimè, la pagina rocambolesca finirà nel peggiore dei modi: proprio l’amico e brigante presso il quale Pacì Paciana una notte cercò rifugio, nella stessa notte del 6 agosto 1806, lo uccise per portarne la testa ai gendarmi in cambio della taglia di 60 zecchini d’oro! Che tristezza quando la poesia degli eroi, per non dire la sacralità dell’amicizia, finisce in tragedia per colpa del solito sporco denaro

Oggi, del Pacì Paciana rimangono una maschera del carnevale bergamasco, grotte e luoghi dove s

i rifugiava, e un liquore che potrete trovare e gustare nell’unico ma graziosissimo Bar di Trafficanti dove la gentilissima proprietaria sempre attende i passanti con estrema dolcezza e riservatezza.

E dopo la dovuta sosta al Bar di Trafficanti, si può riprendere la strada verso Aviatico e Selvino: pur allontanandosi da Serina, altre curve e altri paesaggi attendono per regalare… ampi respiri di vita!

11. DOSSENA… E LA POESIA DI UN CORAGGIO CHE HA TOCCATO LA LUNA!

Ma torniamo a Serina, dove la nostra SP27 continua per gli ultimi 12 chilometri! Mannaggia, solo che… appena usciti dal Paese e superati due tornanti e qualche curva con vista spettacolare, si apre a sinistra la SP26 che porta a DOSSENA, altro centro importante della valle. Si chiama così per il “dosso” su cui poggia tra la Val Serina e la Val Brembana, e la strada è così bella che merita di essere assolutamente percorsa, ma non solo: vari altri aspetti invitano ad andarci.

Dossena fu infatti il primissimo luogo della zona ad essere abitato per le sue miniere di ferro e di fluorite. Incredibile: da importante centro estrattivo per i romani, questa fluorite verrà spedita dal 1950 in grandissima quantità in America alla Nasa per produrre il combustibile dei suoi vettori lunari!

Oggi non vi si estrae più nulla ma, oltre a una rinomata pista da motocross, sono molte le attività esplorative proposte per rivalorizzare il territorio, come l’allestimento del ponte tibetano “più lungo al mondo a pedata discontinua e senza tiranti laterali”: così almeno recita la locandina… e io mi fido!

Per contro, trovo che il vero coraggio di questa gente sia riportato su una effige posta sulla casa presbiteriale: «In tempi di dura carestia, al popolo di Dossena qui adunato a suono di campana, venne offerto frumento in cambio dei suoi quadri; ma la forte gente di questa terra ad una voce il baratto rifiuto’, e i suoi quadri prescelse e la sua fame»… Eroicità d’altri tempi, altro che poesia!!

12. L’IMPERATIVO DELLA NATURA: LA POESIA ESPLODE FINO AL PASSO DI ZAMBLA

Insomma, riprendiamo definitivamente la SP27 per questi ultimi dodici km che sembrano non finire più ma che proprio ora diventano ancora più speciali, con il percorso che si fa ancora più tortuoso, più boschivo, più montano, passando da località fatate come Valpiana e Oltre il Colle, quest’ultimo oggi in profonda crisi abitativa: si trovano case a bassissimo prezzo pur di ripopolarlo in qualche maniera! Eppure è nel punto più panoramico di quest’arco di straordinaria bellezza naturale che, come si è detto, incantò grandissimi personaggi, facendo scrivere pagine di storia memorabili!

E finalmente, superato anche Zambla Alta, si giunge al PASSO DI ZAMBLA culmine della SP27: pur coi suoi soli 1264 m., è talmente bello da essere meta feriale anche di numerosi motociclisti stranieri.

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“Anche a non conoscerne i nomi, i monti in cima alla Val Serina sono, come per Palma il Vecchio, un meraviglioso dipinto a cielo aperto”

13. CONCLUSIONE

Insomma, saranno solo una ventina di chilometri ma, con queste premesse e quant’altro non detto, direi che, percorrere in lungo e in largo la Val Serina per raggiungere il Passo di Zambla, risulta un’impresa ardua che richiede di soggiornarvi minimo un intero fine settimana!

Ma è così che si gusta e si gode la Valle Serina e solo allora si capisce perché arrivando in cima, dal Passo finale non poteva che aprirsi un’altra meravigliosa vallata chiamata la Valle del Riso: sì perché lì in cima, non puoi non sorridere, grato e riconoscente per aver ritrovato la parte migliore di te! Provare per credere! È così che la Val Serina ci attende per ridonarci la poesia della Vita, e rendere la nostra vita… una poesia sempre più bella.

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“Grazie a tutti e… arrivederci in Val Serina!”

 

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